PARETE NORD

. La montagna è imprendibile perché assoluta e sempre pronta a franare, dunque irresistibile per il corpo del danzatore così come per quello dello scalatore, votati ad affrontare un costante allenamento al vuoto attraverso l’intelligenza motoria del fare, che parte sempre da un attacco: della parete o della coreografia. Entrambi si muovono nella vastità del paesaggio e corrono dei rischi per procedere ad una trasformazione cruciale, diventano cioè il paesaggio stesso assorbendone tutte le informazioni e restituendole in forma di spostamento continuo. Affrontare una danza come una concatenazione di movimenti vuol dire qui utilizzarla per esplorare l’esterno, mitologia dell’inaccessibile inclusa, e per provare a perdere la figura in questo esterno. Dissolversi nel mondo infine; quel che si vede dalla cima è incidentale. Con la capacità di astrazione che contraddistingue il suo lavoro, sempre sospeso tra mondo fisico e realtà immaginate, Di Stefano raccoglie questi sentimenti per riportarli in forma di coreografia pura. Lo spettacolo ha la forma di un dittico: ad una prima parte costruita sul dinamismo incessante e serrato dei performer si succede una scena di paesaggio, che crea il plastico in movimento di una veduta alpina mossa da eventi misteriosi e ispirata dalla “disubbidienza geografica” che ogni territorio montano porta con sé.

LA TEMPESTA

Alessandro Serra, autore di un teatro materico e ancestrale, Premio UBU per il “miglior spettacolo dell’anno” nel 2017 con Macbettu, protagonista di una straordinaria tournée nazionale ed internazionale, dirige una nuova edizione de La tempesta. Serra scrive nelle sue note: “Nella tempesta il sovrannaturale si inchina al servizio dell’uomo, Prospero è del tutto privo di trascendenza, eppure con la sua rozza magia imprigiona gli spiriti della natura, scatena la tempesta, e resuscita i morti. Ma sarà Ariel, uno spirito dell’aria, ad insegnargli la forza della compassione, e del perdono. Lo credi davvero, spirito? Io sì, se fossi umano. Su quest’isola-palcoscenico tutti chiedono perdono e tutti si pentono ad eccezione di Antonio e Sebastiano, non a caso gli unici immuni dalla bellezza e dallo stato di estasi che pervade gli altri. Il fatto che Prospero rinunci alla vendetta proprio quando i suoi nemici sono distesi ai suoi piedi, ecco questo è il suo vero innalzamento spirituale, il sovrannaturale arriva quando Prospero vi rinuncia, rinuncia a usarlo come arma.Ma il potere supremo, pare dirci Shakespeare, è il potere del Teatro. La tempesta è un inno al teatro fatto con il teatro la cui forza magica risiede proprio in questa possibilità unica e irripetibile di accedere a dimensioni metafisiche attraverso la cialtroneria di una compagnia di comici che calpestano quattro assi di legno, con pochi oggetti e un mucchietto di costumi rattoppati. Qui risiede il suo fascino ancestrale, nel fatto cioè che tutto avviene di fronte ai nostri occhi, che tutto è vero pur essendo così smaccatamente simulato, ma soprattutto che quella forza sovrumana si manifesta solo a condizione che ci sia un pubblico disposto ad ascoltare e a vedere, a immaginare, a condividere il silenzio per creare il rito. L’uomo avrà sempre nostalgia del teatro perché è rimasto l’unico luogo in cui gli esseri umani possono esercitare il proprio diritto all’atto magico”.

ROMEO E GIULIETTA (ROMEO ȘI JULIETA)

Due fazioni, due mondi diversi che si confrontano, sono il cuore e la meraviglia del testo di Shakespeare. Lo spettacolo: un rito in un luogo sacro, una chiesa e un enorme Cristo che guarda dall’alto gli eventi, fino alla propria distruzione. I Capuleti sono italiani, i Montecchi rumeni. Culture che si incontrano e scontrano, su una linea molto sottile e fragile di integrazione e disintegrazione reciproca. In Romeo e Giulietta (Romeo șiJulieta) l’uomo con i suoi preconcetti, con i suoi giudizi, la sua cultura e religione non è giustificabile. Le parole di Shakespeare risuoneranno in teatro come le parole della Bibbia risuonano in chiesa e Shakespeare avrà la forza di un Dio.

PREMIO “DANZA AL PICCINNI”

Una serata all’insegna della grande danza in fuori abbonamento nell’ambito della Stagione Altrimondi del Comune di Bari-Assessorato alle Culture col Teatro Pubblico Pugliese. Affidata a Domenico Iannone, Direttore artistico della Compagnia AltraDanza, la soirée vedrà in apertura l’esibizione e la premiazione dei quattro vincitori del contest “Premio Danza al Piccinni”, iniziativa fortemente voluta dall’Assessorato alle Culture del Comune di Bari, promossa e realizzata dal Teatro Pubblico Pugliese in collaborazione con AltraDanza, nata per valorizzare talenti e qualità formativa delle scuole di danza del territorioe che ha avuto luogo, come si ricorderà, lo scorso 28 giugno al Teatro Kismet. A questo seguirà il gala “Serata di Stelle baresi della danza” che vedrà in scena la compagnia AltraDanza e primi ballerini ed étoile dei corpi di ballo dei maggiori teatri italiani e esteri, con l’intento di riportare nella città metropolitana e nello storico teatro barese le prestigiose e iconiche figure del mondo della danza che onorano la città capoluogo e la danza nel mondo. Parliamo delle étoiles e primi ballerini/e baresi Antonella Albano (prima ballerina del Teatro alla Scala), Alessio Passaquindici (giàétoile del Ballet NiceMeditérranée), Alessio Rezza (étoile del Teatro dell’Opera di Roma) e Teresa Strisciulli (giàprima ballerina del Corpo di Ballo dell’Arena di Verona). In programma, a partire dalle 20.30, le esibizioni delle vincitrici e dei vincitori del contest Premio Danza al Piccinni con il conferimento delle targhe da parte dell’Assessore alla cultura del Comune di Bari, Ines Pierucci. Danzeranno e saranno premiati i gruppi di danza delle scuole:Opificio delle arti Danza e Musica di Bitonto con “Nel blu dipinto di blu”, coreografie di Graziana Putignani, vincitrice nella categoria “Migliore gruppo MODERN”; ASD AccadèmieDanzart di Modugno con “Semplicità complessa”, coreografie di Rosaria Loconte e Fabrizio Natalicchio, vincitrice nella categoria “Migliore gruppo CONTEMPORANEO”; Marica Lisco con “Out of my mind”, coreografie di Sabrina Speranza, Accademia dello spettacolo Unika di Bari, vincitrice del Premio Speciale “SOLISTA OSPITE”;Giordano Signorile con “Temporary life?”, coreografie di Fausta Policarpo, scuola di danza Giava di Triggiano, vincitore nella categoria “Miglior GIOVANE TALENTO”. Seguirà il gala “Serata di Stelle Baresi della Danza”: sul palcoscenico si alterneranno, tra assoli e passi a due, Antonella Albano e Massimo Garonin “Metamorfosi” passo a due dal Lago dei Cigni di Tchaikovsky, Alessio Rezza nell’assolo “Les bourgeois” con musiche di Jacques Brel, Teresa Strisciulli e Gabriele Consoliin “Who Cares About the BluebirdsSing” con le musiche di Ezio Bosso e Alessio Passaquindici con Alba Cazorla Luengo in un pas de deux da “Coppelia”, coreografie di Eric Vu An. Questi lavori saranno preceduti da due creazioni appositamente realizzate per la serata dal direttore artistico Domenico Iannone, una di matrice più squisitamente classica e l’altra di balletto contemporaneo, entrambe interpretate da gemme del territorio pugliese: Giordano Signorile con una variazione dal “Don Chisciotte” e le danzatrici ed i danzatori della Compagnia AltraDanza con un estratto da “La Settima” di Beethoven. La serata sarà moderata da Lucia Ileana Sapone (responsabile Ufficio Stampa del TPP) con gli interventi dell’Assessore alle Culture del Comune di Bari, Ines Pierucci, di Domenico Iannone, Direttore artistico della Compagnia AltraDanza, di Gemma Di Tullio (responsabile attività danza del TPP).

COME UNA SPECIE DI VERTIGINE

In scena un uomo, o meglio, la sua voce interiore. È la sua anima che fa spettacolo. Tra i tanti abitanti delle pagine dei romanzi di Calvino, è quello meno libero: ha un corpo, una lingua e una mente che non rispondono alla sua urgenza di dire, di agire. Oggi e solo oggi, però, ha deciso di fare spettacolo della sua esistenza, dei suoi pensieri, dei sentimenti che lo agitano. Lui, inchiodato com’è a una croce che non ha voluto, ha deciso di prendersi un’ora d’aria, un’ora e poco più di libertà. E la cerca, la libertà, tra le pagine delle opere del “signor Calvino Italo”, la racconta come sa e come può, la trasforma in versi, in musica, in parabole e collegamenti iperbolici tra un romanzo e l’altro, in canzoni-teatro sarcastiche e frenetiche e improvvisi minuetti intimi, “scalvinando” quelle opere a suo uso e consumo. Il tutto mentre accanto scorre, amaramente ironica, la sua personalissima storia d’amore, una storia impossibile per quel corpo e quella lingua incapaci di parlare. ‘Il personaggio in scena è un abitante del Cottolengo, il Nano del romanzo autobiografico La giornata d’uno scrutatore, personaggio cui Calvino dedica una sola pagina se pur memorabile. Ho scelto lui e ne ho immaginato tutta l’esistenza – esistenza che Calvino non ci racconta – proprio perché il mio intento era ragionare intorno al concetto di libertà e il Nano del romanzo ne è totalmente privo…’ Mario Perrotta

LA MIA VITA RACCONTATA MALE

Un po’ romanzo di formazione, un po’ biografia divertita e pensosa, un po’ catalogo degli inciampi e dell’allegria del vivere, La mia vita raccontata male ci segnala che se è vero che ci mettiamo una vita intera a diventare noi stessi, quando guardiamo all’indietro la strada è ben segnalata da una scia di scelte, intuizioni, attimi, folgorazioni e sbagli, spesso tragicomici o paradossali. Attingendo dall’enorme e variegato patrimonio letterario di Francesco Piccolo, lo spettacolo si dipana in una eccentrica sequenza di racconti e situazioni che inesorabilmente e bizzarramente costruiscono una vita che si specchia in quella di tutti.

ANTIGONE OPERA ROCK

Antigone Opera Rock è una versione contemporanea dell’opera di Jean Anouilh. Uno spettacolo rock e poetico allo stesso tempo che mescola la tenerezza con la brutalità umana, la bellezza con la psichedelia, che fa prevalere la dimensione visionaria dell’era contemporanea. Antigone è ispirato alla tragedia di Sofocle e fu scritta nel ‘41, pubblicata nel ’43, e rappresentata per la prima volta nel ’44. Il dramma, composto durante l’occupazione nazista della Francia, rielabora il mito adattandolo alla situazione storica di quel momento, in cui milioni di giovani morivano e restavano insepolti senza che nessuno si prodigasse per loro. La lunga gestazione dell’opera, dovuta certamente alla guerra, ma anche al travaglio interiore dell’autore, va oltre la pur condivisibile ma semplice contrapposizione tra la legge morale, “degli dei, dei padri”, e la legge dell’uomo.

PARADISO

Paradiso, finalista ai premi UBU 2022 per “miglior spettacolo di danza” e “migliore scenografia”, nasce dalla riflessione sulle possibilità dello spettacolo dal vivo e la sua necessaria riscrittura in tempi post-pandemici.Lo spazio scenico di Paradiso è come un universo liquido, con tappeti specchianti che rifrangono un dolore iridescente e un’estasi languida. La performance è un luogo di relazione, di attesa e di possibilità, con corpi che attraversano, siedono, camminano e roteano con soluzioni inedite. Ispirata al Paradiso di Dante, la performance incarna la diffusione della luce e la presenza del suono, con la musica creata da Bruno Dorella e la scena curata da Alfredo Pirri. Le coreografie concepite da Marco Valerio Amico e Rhuena Bracci attraversano lo spazio con leggerezza, estensione, rapidità, potenza. Paradiso è un luogo immaginifico.La particolare composizione coreografica rende la memoria dello spettacolo unica per ogni spettatore, con accadimenti che si compongono e scompongono per creare consapevolmente e strategicamente un’esperienza irripetibile.In Paradiso, gli spettatori sono invitati a muoversi liberamente, a prendere posto nello spazio e a condividerlo, a muoverlo e a fluttuare tra gli accadimenti, in una peregrinazione che non ha più meta, bastevole a se stessa, come l’armonia di un canto. La performance è solcata da roteazioni e traiettorie di danzatori e danzatrici. La gioia e la grazia di questo Paradiso sono laconiche e ne permeano l’intera performance. Nato come spazio di confronto delle visioni artistiche di Marco Valerio Amico, Rhuena Bracci e Roberto Rettura, gruppo nanou nasce nel 2004 diventando luogo dove corpo, suono e immagine trovano un linguaggio comune nella coreografia, dando vita ad un’opera organica.Negli anni la compagnia ha attraversano piazze importanti quali Fabbrica Europa, Santarcangelo Festival, Drodesera, Les Brigittines (Belgium), Unidram (Germany), Nu Dance Fest (Slovensko), La MaMa ETC (New York City, USA).https://www.grupponanou.it Alfredo Pirri Nato a Cosenza (Italia) nel 1957, vive e lavora a Roma. Il suo lavoro al confine tra pittura e scultura, architettura e installazione ha catturato l’attenzione del pubblico internazionale dalla metà degli anni Ottanta. Materia, volume, colore e spazio sono gli strumenti principali della sua poetica.L’originalità del suo lavoro risiede nell’uso della pittura come veicolo di luce e della luce come elemento architettonico e spaziale. Lo spazio diventa un paesaggio abitato da sculture plastiche in cui la superficie pittorica crea presenze di luci e ombre.https://www.alfredopirri.com Bruno Dorella (Milano, 7 marzo 1973) è un musicista italiano. È fondatore di diversi gruppi musicali, tra cui OvO, Ronin e Bachi da Pietra. Era anche un membro di Wolfango e un produttore discografico con l’etichetta Bar La Muerte.https://brunodorella.bandcamp.com

GINGER & FRED

È la Vigilia di Natale. Pippo e Amelia, in arte Ginger e Fred, due ex ballerini famosi un tempo, sono stati invitati a esibirsi nello Show natalizio di una televisione privata. L’invito a due vecchie glorie serve alla Produzione solo per riempire lo spazio che chiamano “rigatteria d’antan”. Ma Amelia e Pippo non lo sanno e hanno accettato per ritrovare forse la magia di un tempo o forse un sentimento che si erano negati in gioventù. Amelia e Pippo in quel contenitore sgargiante e vociante appaiono come due essenze pure e spaesate…E poi tocca a loro. Sono finalmente in scena: parte la musica, iniziano con i loro primi meravigliosi passi ma salta la luce nello studio e lo spettacolo si interrompe ed è lì che seduti al buio, uno accanto all’altro, Fellini fa dire a Fred quello che lui stesso vuole dire a noi, al pubblico, al mondo: “Siamo due fantasmi che vengono dal buio e nel buio se ne vanno…”.

FERDINANDO

Arturo Cirillo riporta in scena Ferdinando, capolavoro della drammaturgia di Annibale Ruccello. Agosto 1870: il Regno delle Due Sicilie è caduto e la baronessa borbonica Donna Clotilde nella sua villa vesuviana si è “ammalata” di disprezzo per il re sabaudo e per l’Italia piccolo-borghese nata dalla recente unificazione. A fare da infermiera all’ipocondriaca nobildonna è Gesualda, cugina povera e inacidita dal nubilato, ma segreta amante di Don Catellino, prete di famiglia corrotto e vizioso. I giorni passano tutti uguali, tra pasticche, decotti, rancori e bugie. A sconvolgere lo stagnante equilibrio domestico è l’arrivo di un sedicenne dalla bellezza efebica che, rimasto orfano, viene mandato a vivere da Donna Clotilde, di cui risulta essere un lontano nipote. Sarà lui a gettare lo scompiglio nella casa, riaccendendo passioni sopite e smascherando vecchi delitti. Ma chi è davvero Ferdinando?