IL CASTELLO

Un viaggio letterario e visionario in una sensibilità d’immaginazione immaginata lungo il sentiero di secoli di preveggenza, di misteri, di labirintiche e tortuose analogie tra l’irrisolto umano e l’adulta ipertrofia di un mondo immaginario. Si scoprono così, attraverso le opere di Italo Calvino, le mille possibilità del vagare tra i labirintici corridoi della fantasia letteraria alla ricerca della soluzione ai rebus combinativi delle narrazioni, bivi continui con conseguenti, infinite, soluzioni, invenzioni, diremmo, così stimolanti per chi voglia avventurarsi nel cosmo inatteso e precipitato della combinazione di eventi. Il Castello vuol essere un omaggio, dunque, al famoso scrittore italiano, pur non ispirandosi da alcuna sua opera in particolare, vuol prendere in prestito l’amore per la sperimentazione, la scrittura, forse, un po’ fine a sé stessa, un rimando continuo all’avventurosa voglia di trasgressione, l’amore conciliante per i pensieri lambiccanti. Restare dentro un movimento circolare e vorticoso, come a volersi friggersi il corpo su un rovente crogiolo, per poter scoprire, amorevolmente, la passione totalizzante per la leggerezza.

ITALO CALVINO – LO SCRITTORE SUGLI ALBERI

Introduce l’evento una lettura da Calvino con NERI MARCORÈ. La serata inaugurale di Prix Italia si apre con la presentazione del documentario inedito sullo scrittore italiano Italo Calvino. Nel centenario della sua nascita, l’avventura del più importante e indefinibile degli scrittori italiani del Novecento narrata in un documentario che ne rilegge il percorso artistico attraverso una delle sue opere più note, “Il Barone Rampante”. La scommessa del film è di offrire un nuovo sguardo sul più conosciuto autore del Novecento, anche grazie a filmati inediti, foto e lettere autografe concessi in esclusiva. Questo documentario utilizza il libro forse più simbolico di Italo Calvino come un prisma attraverso cui ricostruire il rapporto tra l’opera dell’autore e i contesti storici e politici che ha attraversato, nella costante ricerca della giusta distanza dalle cose del mondo.

HAMONIM

Decine di individui formano una massa che può dare origine a qualcosa di molto potente. Ma, se si considera un solo individuo tra altre persone? L’individuo è a rischio oppure il gruppo mette in atto un atteggiamento di protezione? Quanto potere è detenuto da un gruppo e che tipo di comunità ne deriva? Con HAMONIM – la danzatrice e coreografa Patricia Carolin Mai investiga i meccanismi protettivi corporei di massa, ponendosi la questione: cos’è necessario per esistere e persistere in un gruppo? Gli amatori in scena formeranno una comunità che analizzerà i parametri dello stare-insieme, mettendo in discussione le concezioni comuni sui fenomeni di massa.

LIVING LIKE I KNOW I’M GONNA DIE

«Mentre parliamo, sarà fuggito avido il tempo. Afferra questo giorno.» [Orazio] Living like I know I’m gonna die è una danza per cinque corpi. Due coppie e un singolo formano nella reciprocità un gruppo, un corpus unico di braccia allacciate si dispiega in un reticolo di incontri fulminei che attraversano lo spazio con un anda- mento progressivo ed ineludibile. Il carattere ritmico subitaneo articola un movimento continuo, intensamente fitto ed intrinsecamente caduco, destinato a cambiare, dissolversi, finire non senza aver sfidato il tempo ed il suo status effimero.Così per Fokine Pavlova danzava il cigno morente, come una vera lotta contro la morte, incarnando un simbolo costante della transitorietà dell’esistenza e delle cose della vita.

L’ATTESA DI TELEMACO

«Il tempo è un bambino che gioca, che muove le pedine; di un bambino è il regno.» [Eraclito] Telemaco è il figlio di Ulisse. Secondo la leggenda, nasce esattamente nel giorno in cui suo padre parte per la guerra di Troia, una guerra che durerà vent’anni. Un tempo lungo, per un adulto, ma come viene percepito il tempo da un bambino?Da questa domanda nasce una piccola ricerca con una comunità scolastica intorno alla generazione di un’azione senza tempo.

DUETTO INOFFENSIVO

Un duetto appassionato e intenso, a firma di Mauro Bigonzetti: nelle due donne in scena c’è condivisione, intesa, ma anche disaccordo, e ritroviamo condensati i caratteri e le storie di più personaggi femminili. Dal loro incontro, in un ripetersi e alternarsi continuo di complicità e conflitto, ne nasce uno scambio di energie, sentimenti ed emozioni legate alle delusioni d’amore.

TechNOlimits

Il luccicante e trasparente mondo delle possibilità digitali seduce i nostri sensi e ci scaraventa nella scintillante distanza e in accecanti dimensioni. I nostri dati vengono rapidamente intrecciati in un’intelaiatura che si estende ben al di là dei confini della nostra immaginazione. Spazio e tempo si espandono nell’infinità ed evaporano nelle illusioni, suscitando calmi sorrisi di soddisfazione e promettendo la realizzazione di tutti i nostri desideri e brame. Microchip e sistemi d’impianto sono inseriti nei nostri organismi per migliorare i parametri del nostro stato di salute.Sofisticate gambe controllate da microchip e braccia di protesi microelettriche aprono a nuovi orizzonti, verso le potenzialità ancora non concepite delle “abilità fisico-tecniche”.L’idea di una norma ideale si manifesta e il nostro microcosmo quotidiano muta in un mondo di irrefrenabili possibilità.La finzione diventa realtà così come esseri umani “ibridi” sono creati a partire dalla norma ideale.

HOW TO _ just another Boléro RUVO

HOW TO _ just another Boléro è un duo creato sulle celeberrime note del “Boléro” di Ravel, in cui diciotto effimere immagini si plasmano l’una nell’altra, cercando un proprio spazio vitale. I due performer, come animali in cattività, sono forzatamente costretti in una gabbia priva di sbarre, divenuta familiare e casalinga. Alla stregua di animali addomesticati e dipendenti l’uno dall’altro, sono osservati dall’esterno, come principali attrazioni di uno zoo. “HOW TO _ just another Boléro” vuole diventare un ritratto degli odierni tentativi di reimparare come ci si comporta, come ci si tocca, come si coopera, come ci si aiuta, come ci si ama…tra toni a volte drammatici e a volte ironici.

IN GRAZIA DI RICAMO

In grazia di ricamo è un progetto coreografico di Giulio De Leo con l’assistenza di Erika Guastamacchia, dedicato alla bellezza che nasce dalla cura artigianale del dettaglio e dalla dedizione alla costruzione generale del disegno di un’opera.Cura e dedizione sono le predisposizioni dell’animo necessarie a vivere la creazione in uno stato di grazia, un’attitudine simile a quella che si può maturare in una passeggiata meditativa in natura. Memorizzazione di partiture gestuali complesse, precisione nell’esecuzione e maturazione di un ascolto sottile saranno gli ingredienti utili a costruire un grande affresco corale. Il percorso si concluderà con la realizzazione di due performance in programma sabato 24 giugno e con lo sviluppo di un’azione coreografica urbana nella mattinata di sabato 1 luglio.

LA MADRE

Ne La Madre Zeller indaga con estrema acutezza il tema dell’amore materno e le possibili derive patologiche a cui può condurre. La partenza del figlio, ormai adulto, viene vissuta dalla donna come un vero e proprio tradimento, come abbandono del nido, a cui si aggiunge una decadenza dell’amore coniugale in atto da tempo. Il tono da black comedy iniziale lascia scappare più di un sorriso, per le situazioni descritte e il meccanismo delle ripetizioni che Zeller instaura nel testo, si trasforma lentamente in un dramma spietato che non sembra essere né un vero sogno, né la banale realtà del presente, ma una vertigine ipnotica e crudele dalla quale risvegliarsi è impossibile. Il mondo di Anna è un luogo in cui lei non si riconosce più, isolata da un ménage familiare che l’ha espulsa. Ma la responsabilità di questa solitudine non sta forse anche nell’aver rinunciato alla vita? Abdicare ai sogni, alle speranze e ai desideri unicamente per dedicarsi al proprio unico figlio maschio su cui riversare frustrazioni, rimorsi e ideali d’amore non è forse un cammino che inclina pericolosamente verso la disperazione? Anna, la madre, è ossessionata da una realtà multipla, una sorta di multiverso della mente, in cui le realtà si sdoppiano creando un’illusione di autenticità costante in tutti i piani narrativi. Ma dai ricordi di Anna si può immaginare un risveglio? Nella sua mente di madre si affastellano ora sequenze oniriche ora situazioni iperrealistiche. Nella società liquida e levigata di Zygmunt Baumann e Byung Chul Han il senso di colpa non basta più a tenere vicini i figli. Nel dolore del lasciarli andare, per una madre, c’è tutta l’accettazione della vita nel suo divenire, c’è del lasciar andare una parte di sé per rinascere nel distacco.