TUTTATESTA

La città dei Tuttatesta è composta e ordinata, i giorni scorrono tutti uguali e gli abitanti sono felici di passare il loro tempo nel confort delle loro case.Un giorno in città arriva un ospite inatteso che turba la tranquillità di tutti. Con il tempo l’imprevisto innesca una crisi negli abitanti che sono costretti a rivedere ciascuno la propria posizione. La diffidenza iniziale cede il passo a un cambiamento che migliora in parte la vita di tutti.
ONCE UPON A TIME WHEN PIGS WERE SWINE

“Once upon a time when pigs were swine···” è una storia d’amore immaginaria ambientata nella Polonia dell’olocausto, durante la seconda guerra mondiale· Presentata in una forma narrativa, la coreografia mira ad evidenziare la diversità culturale della comunità ebrea rispetto alle autorità SS, a volte utilizzando una sottile vena satirica.Una storia coreografica che impegna diverse tematiche, combinando dinamica e intrattenimento, alterna momenti molto cupi a momenti molto poetici, ma allo stesso tempo crudeli.Storicamente accurato ed attento, il concetto coreografico è stato concepito in memoria di tutte le vittime dell’olocausto.Nonostante il filo conduttore della coreografia è una storia d’amore immaginaria, la si può benissimo collocare nella realtà dell’olocausto, anche se è difficile determinarlo, dato le 11 milioni di vittime.
GLI ANNI

Qualcuno ha scritto che c’è una distanza incolmabile tra quel che è successo un tempo e il modo in cui ci appare ora, ammantato di una strana irrealtà. La coreografia de Gli anni è costruita per tentare di ricucire questo strappo. Marta Ciappina invita gli spettatori a giocare con la propria memoria. Il corpo di Marta e gli occhi di chi la guarda intraprendono un viaggio che fa la spola tra il presente – il momento della performance, irripetibile incontro romantico – e il passato di ognuno.
LE TRAGICOMICHE

Lo spettacolo racconta alcune tragedie degli eroi e degli dei dell’antichità, attraverso i linguaggi del teatro comico e della maschera.Lo spettacolo si ispira ad una forma di teatro molto antica che è alla base del teatro comico occidentale e che nasce e si sviluppa a cavallo fra il V e III sec a.C. nella Magna Grecia, in particolare modo a Taranto: il teatro Fliacico, a cui si intende ridare luce perché ha influenzato il modo di fare teatro dei latini e successivamente dei comici dell’arte italiani, i quali hanno dato vita al mestiere del teatro moderno.I nostri protagonisti sono alcuni dei grandi eroi tragici: Achille, Ulisse, Medea. Le loro vicende sono tratte direttamente dalle opere tragiche di riferimento e sono state riscritte in chiave comica e con linguaggi e riferimenti contemporanei, proprio per avvicinare l’esperienza di questi miti antichi all’esperienza quotidiana dei ragazzi di oggi.Attraverso le avventure, o meglio le disavventure, dei nostri eroi si affrontano grandi temi quali: la vita e la morte, l’amore, la giustizia.Cercando di ricreare una cosmogonia comica ci siamo lasciati ispirare anche da autori contemporanei, come Italo Calvino e la sua opera Le Cosmicomiche. Per cui lo spettacolo vuol essere un omaggio all’autore italiano che, a nostro avviso, più di tutti ha saputo coniugare verità scientifica e verità fantastica attraverso una linea narrativa profonda e al contempo ironica.
A PESCA DI EMOZIONI

C’era una volta un uomo che adorava pescare, appena sorgeva il sole saliva in sella alla sua bicicletta e pedalava verso il mare… C’era una volta un altro uomo che adorava pescare, appena sorgeva il sole saliva in sella alla sua bicicletta e pedalava verso il mare… Una storia piccola. Due uomini e la loro giornata di pesca in un paese dove si vive con un palloncino in testa, perché è lì, nel palloncino, che risiedono le emozioni.Piccole manie, piccoli gesti, piccoli litigi e piccole incomprensioni per riuscire a pescare un piccolo pesce che farà scoprire loro l’emozione più grande: l’amicizia, raccontata con l’essenzialità di una striscia disegnata a colori. Abbiamo deciso di realizzare uno spettacolo semplice e leggero come i palloncini per trattare il tema centrale nell’infanzia dell’identificazione e del riconoscimento delle emozioni, utilizzando un linguaggio che appartiene al loro mondo, quello dei colori. “Delizioso spettacolo dedicato alla fascia dei più piccoli dai 3 anni d’età, la nuova produzione degli Eccentrici Dadarò colpisce il pubblico di grandi e piccini. Proprio così, perché nella semplicità del racconto, c’è una sapienza fatta di esperienza, competenza e ricerca che permette al lavoro di scivolare via in 50 minuti, che corrono come il vento, lasciando una scia di emozioni e leggerezza di cui si ringrazia per tutto il resto del giorno.”Rossella Marchi
SEI STATO TU

Cosa produce stima? Cosa genera rispetto? Come ti comunico il mio rispetto? Come ti fai rispettare?Sono regole che arrivano dall’esterno? Dalla famiglia, dal gruppo di pari, dalla scuola?È qualcosa che sento dentro di me?ciò che rispetto in famiglia è diverso da ciò che rispetto nel gruppo di amici? Una storia contemporanea, o forse un thriller per ragazzi che, con un approccio ironicoe sorprendente alla realtà e alla sua rappresentazione, propone un tema molto sentitofin dai primi anni della vita sociale: quello del rispetto e delle regole di relazione trapari e con gli adulti.Il punto di partenza è il ritrovamento di un paio di occhiali da bambino rotti. Chi èstato? Sei stato tu? Oppure sei stato solo a guardare? Ma se potessi tornare indietro,se potessi cambiare il passato come diventerebbe il presente?Un racconto circolare che esplora i temi delle differenze, del rispetto, dell’empatia,della solidarietà e degli affetti e pone l’accento su quanto sia importante rafforzarsil’un l’altro per creare comunità. Un progetto che propone molti modi per rileggere ifatti accaduti, per tornare poi al momento “zero”, da cui ripartire verso il futuro: lasoluzione. “A otto anni, durante un gioco in cortile a scuola, mi hanno rotto gli occhiali.Senza occhiali il mondo è diverso. Appannato, confuso.Non è più il mondo che conosco, è diventato straniero.Farei qualsiasi cosa per tornare indietro.Rivoglio il mio mondo.” (Carlo Presotto)
IL VOLO

In una discarica vivono due strani e simpatici personaggi: Gustavo e Gioacchino.Gustavo costruisce macchine speciali, motori mai visti, e sogna di realizzare una trivella che, scavando, lo porti fino in Cina; Gioacchino sogna di volare, ma senza motore, solo con l’aiuto del vento, e racconta a Gustavo di come anche il bruco, proprio il bruco, trasformandosi in farfalla, possa volare. Volare!Tutto può volare! Sacchi della spazzatura, fogli di carta, piume, palline, bidoni, tutto quello che si incontra per la strada. Magari potrebbero volare anche loro…È così che Gioacchino trascinerà Gustavo a scoprire la forza del vento, mentre Gustavo gli insegnerà l’efficacia della meccanica. Insieme, aiutati dalla forza del desiderio e dell’immaginazione, costruiranno una macchina volante.Ma riusciranno a spiccare il volo? Qualcuno sostiene che Gustavo e Gioacchino ce l’abbiano fatta, che siano riusciti a volare altissimi nel cielo. Ma nessuno può dirlo… nessuno li ha visti.Lo spettacolo è dedicato a Gustav Mesmer, l’Icaro di Lautertal.Mesmer tentò di realizzare con la bicicletta il sogno di volare. Una volta riuscì ad alzarsi fino a 50 metri dal suolo, ma nessuno lo vide. «[…] Il delizioso spettacolo della compagnia La Baracca – Testoni Ragazzi, Il volo, trasmette una tale carica di magia, così forte la convinzione di Gioacchino (ma infine anche di Gustavo!) di riuscire a salire, muoversi liberi nell’aria come uccelli, che gli spettatori, bambini piccoli, incantati, si lasciano coinvolgere profondamente desiderando davvero vedere i due bravi attori sollevarsi da terra… volare! Accadrà davvero? […] Bello, divertente, cogliere la partecipazione dei bambini, ben scelte anche le musiche che danno ritmo alle scene, a quelle comiche, buffe, e a quelle più liriche, poetiche, in eccellente misura, equilibrio».Valeria Ottolenghi per Gazzetta di Parma
DIARIO DI UN BRUTTO ANATROCCOLO

Diario di un brutto anatroccolo coniuga il teatro e la danza a partire da un classico per l’infanzia di Andersen. Uno spettacolo attraverso il quale Factory continua l’indagine sul tema della diversità/identità e dell’integrazione attraverso un linguaggio semplice ed evocativo.Un anatroccolo oltre Andersen che usa la fiaba come pretesto per raccontare una sorta di diario di un piccolo cigno, creduto anatroccolo, che attraversa varie tappe della vita come quelle raccontate nella storia originale, e compie un vero viaggio di formazione alla ricerca di se stesso e del proprio posto nel mondo e alla scoperta della diversità come elemento qualificante e prezioso.La nascita e il rifiuto da parte della famiglia, la scuola e il bullismo, il mondo del lavoro, l’amore che arriva inatteso e che presto può scomparire anche per cause esterne non riconducibili a noi, la caccia e poi la guerra come orrore inspiegabile agli occhi di chiunque, tappe di un mondo ostile, forse, ma che resterà tale solo sino a quando il nostro “anatroccolo” non sarà in grado di guardarsi negli occhi e accettarsi così come è, proprio come accade al piccolo anatroccolo della fiaba di Andersen che specchiandosi nel lago scopre la propria vera identità. Non bisogna nascondere le cicatrici accumulate nella vita, perché possono e devono invece diventare il nostro tesoro.
FASHION VICTIMS

L’industria tessile produce da sola più CO2 del trasporto ferroviario, marittimo e aereo messi insieme. Dal 2000 ad oggi la produzione di abiti è raddoppiata, anche se i singoli capi vengono indossati meno della metà che in passato; 150 miliardi di vestiti per 7 miliardi di persone. Un’orda tessile che si trasforma in rifiuto, milioni di tonnellate di indumenti che arrivano in discarica generando metropoli di spazzatura tossica. Intanto, dall’altra parte del mondo, terre millenarie sono sfruttate al punto da non generare più nulla: specie animali scompaiono in una nebbia di pesticidi e diserbanti, i fiumi si colorano di giallo, cobalto e ogni altro colore che scegliamo per alimentare le 52 nuove stagioni di moda all’anno che pretendiamo di produrre; i pesci muoiono e qualcuno, che con quell’acqua vive, si ammala mentre lavora al buio dei sottoscala e dei campi di notte, al buio di qualsiasi diritto umano e lavorativo. E spesso sono bambine e bambini. All’estremo opposto di questa catena si trovano una ragazza o un ragazzo, un giovane consumatore educato fin dalla più tenera età a credere di avere intimamente bisogno di un certo marchio, di quel preciso logo sul petto, quel paio di scarpe firmate.Il mondo della fast fashion è l’esempio eclatante di un sistema al collasso, di un certo modo di produrre attraverso lo sfruttamento di persone e risorse ambientali che sta finalmente mostrando i suoi limiti, ma che ancora perdura. “Fashion victims” si propone di mostrare, attraverso il racconto di una ragazza e di un ragazzo, due facce della stessa medaglia: da una parte un occidente bulimico e inconsapevole delle proprie azioni, e dall’altra parte un altro mondo, il terzo o il quarto, in cui ogni risorsa, compresa quella umana, viene sfruttata fino a esaurirsi.
SCHIACCIANOCI SWING

Ci sono quelle domande che ti porti dietro da sempre. Come marcia un esercito di topi? Come sientra in un mondo magico? Come se ne esce? Come faccio a sapere quando un sogno è davverofinito?A queste domande risponderemo insieme, con la musica.La fiaba dello Schiaccianoci si trasforma in un’opera dedicata ai più piccoli e viene custodita damusicisti / giocattolo capaci di credere ai sogni fino a farli diventare veri. Lo Schiaccianoci Swing riesce davvero a catturare anche i più piccoli, proponendo un ingegnoso miscuglio di performance musicale e teatro fisico. La fiaba originaria di E.T.A. Hoffmann si tramuta in un lungo sogno dadaista … si sfruttano gli strumenti del teatro per guidare anche in un’appuntita ricerca musicale, che spazia di genere in genere e finisce per farsi parola.(Sergio Lo Gatto su teatroragazziosservatorio.it)