M120XM90

Primo Levi nel libro “I sommersi e i salvati” scrive: “Nyiszil racconta dunque di aver assistito, durante una pausa del “lavoro”, ad un incontro di calcio tra SS e SK (Sonderkommando); all’incontro assistono altri militi e il resto della squadra speciale, parteggiano, scommettono applaudono, incoraggiano i giocatori, come se invece che davanti alle porte dell’inferno la partita si svolgesse sul campo di un villaggio.” Il testo dello spettacolo “M120XM90” nasce dall’idea di parlare di uno dei drammi più impopolari della storia attraverso lo sport più popolare: il calcio. Quattro quadri di eventi tragicamente avvenuti, ispirati dalle testimonianze dei sopravvissuti all’olocausto che hanno come filo conduttore gli occhi di un bambino divenuto adulto troppo in fretta, che a malincuore smette di rincorrere il suo sogno per poter sopravvivere nell’inferno di Auschwitz. Il primo quadro “la leggenda” fa da apripista narrando le gesta della formazione della Dinamo Kiev, con i suoi valorosi giocatori che sfidano la formazione tedesca della Flakelf. Lo scenario dà sfondo al secondo quadro “l’utopia”: è quello di Terezin. Viola, marrone, rosa sono i colori distintivi del terzo quadro “la realtà”, i colori con cui venivano contrassegnati alcuni deportati. Grigio, come l’umiliazione o la codardia, è il colore che si sfuma nel quarto quadro “la svolta”. La svolta è una liberazione interiore a cui molti anelano, ma pochi realizzano portando al limite la propria esistenza.
MYTHOS

In scena due vecchie e tre sedie. Sulla sedia vuota, un paio di forbici. Le due vecchie sembrano essere lì da sempre, così come da sempre sembrano svolgere lo stesso compito: filare innumerevoli matasse di lana. Sono le Parche, le figure femminili a cui, nel mito greco, erano affidati i destini degli uomini. Una reggeva il capo del filo della vita, l’altra lo dipanava e la terza, quando era giunto il tempo, lo tagliava, mettendo così termine alla vita dell’individuo a cui apparteneva il filo. Solo che ora una delle tre è scomparsa, e precisamente quella addetta al taglio del filo, Atropo, l’Inesorabile. Il motivo della sua scomparsa è molto semplice: gli uomini, e soprattutto i giovani uomini, non sono più interessati ad ascoltare le storie legate al mondo antico, troppo distratti dalle migliaia di cose che riempiono le loro giornate, e così tutti i personaggi mitologici, gli dèi, le dee, le creature fantastiche del mito greco vanno via via scomparendo. E le due Parche sopravvissute sanno perfettamente che questo sarà anche il loro destino. La loro diventa una corsa contro il tempo: devono trovare un modo per fermare il processo di sparizione che gli umani, con il loro disinteresse, hanno innescato. E quale può essere il modo per arrestarlo? Semplice: cominciare a raccontare le storie di quel mondo fantastico. Così le due vecchie iniziano a narrare le gesta di Minosse re di Creta; Dedalo, il genio che costruì il labirinto in cui fu rinchiuso il Minotauro, la terribile creatura, mezzo uomo e mezzo toro; Icaro, figlio di Dedalo che preso dall’ebbrezza del volo si avvicinò troppo al sole e precipitò; Teseo, l’astuto eroe che sconfisse il Minotauro e riuscì ad uscire vivo dal labirinto. E mentre narrano queste storie, la vita riprende a scorrere nei loro corpi, sino a togliere loro di dosso ogni segno di vecchiezza, sino a farle di nuovo giovani e brillanti. Ma le due Parche non possono essere le uniche a raccontare queste storie. Hanno bisogno di aiuto. E chi altri, se non i giovani spettatori, possono intervenire nel tentativo di far continuare a vivere i personaggi e le storie del mito? Così le due vecchie affideranno proprio a loro, gli spettatori, il compito di non dimenticare, di continuare a raccontare le storie del loro mondo per far sì che il mito continui ad esistere. Uno spettacolo che vuole affermare l’importanza del mito e del tramandarsi di esso, di persona in persona, di padre in figlio, di secolo in secolo, nella speranza che queste vicende, affollate di eroi, dei e creature sovrannaturali non vadano mai perdute, perché in esse giace l’origine di tutte le storie.
CONFINI DISUMANI

“Noi siamo il rosso e il nero della terra, un oltremare di sandali sfondati, il polline e la polvere nel vento di stasera. Uno di noi, a nome di tutti, ha detto: “Non vi sbarazzerete di me. Va bene, muoio, ma in tre giorni resuscito e ritorno”. Confini Disumani ispirato al testo ‘Solo Andata’ di E. De Luca è una preghiera fisica, una denuncia, un quadro nudo e svilito della nostra società. È una chiamata civile, una riflessione sofferta sulla perdita del senso di appartenenza. Un gruppo di migranti privi di identità che toccano lo stato d’animo della paura, della perdita, dell’ego accecato ed ancora si imbattono senza sosta nel pericolo. Una lente di ingrandimento su un viaggio sofferto che restituisce corpi privi di appartenenza in un racconto che si fa odissea contemporanea. Nessun bluff. È quello che ancora oggi accade.
INVIOLATA

Il 17 dicembre 1966 è il giorno in cui la storia è cambiata. La vita di Franca Viola è una di quelle storie che (quasi) tutti sanno ma nessuno conosce davvero. Questo, perché scandagliare la vicenda familiare e processuale attorno a quella data, ci costringe a guardare dentro una botola scura in cui giace, nascosta, parte della nostra cultura, della nostra legislazione e del nostro retaggio sociale. Franca Viola ci obbliga a realizzare che, dentro casa nostra, esiste un tappeto dove abbiamo frettolosamente provato a nascondere la polvere di un passato che, ancora oggi, sembra non voler sparire del tutto. All’epoca, l’articolo 544 del codice penale recitava così: ”Per i delitti preveduti dal capo primo e dall’articolo 530, il matrimonio, che l’autore del reato contragga con la persona offesa, estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato medesimo; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali”; in altre parole, ammetteva la possibilità di estinguere il reato di violenza carnale, anche ai danni di minorenne, qualora fosse stato seguito dal cosiddetto “matrimonio riparatore”. Le parole che avete appena letto, hanno incatenato per anni, decine e decine di donne, a dei matrimoni coatti con i propri aguzzini. Fino a quando una giovanissima ragazza, che abitava nella Sicilia rurale di Alcamo, ha detto no. Un anno prima, Franca Viola, all’età di diciassette anni, fu rapita e violentata da Filippo Melodia, nipote del boss mafioso Vincenzo Rimi. Otto giorni di segregazione, digiuno forzato e percosse. Al momento della sua liberazione, per tutti il matrimonio era la via più scontata, quasi automatica. Per tutti, ma non per lei e la sua famiglia. “Inviolata” unisce più stili narrativi, il viaggio dell’eroina, il dramma familiare, quello giudiziario e la cronaca criminale attraverso gli occhi di Franca e portando in scena Sandra di Gennaro, attrice adolescente come la protagonista all’epoca in cui si sono svolti i fatti. La platea si troverà a confronto con la violenza. Non solo quella dei giorni di prigionia, ma quella ipocrita, sottile e incessante del pensiero, degli avvocati, della vox populi, di qualcosa, che ancora oggi, sembra resistere al tempo.
LI ROMANI IN RUSSIA

Con “Li Romani in Russia”, Elia Marcelli eleva il dialetto romanesco a linguaggio della grande epica. Il suo poema vernacolare racconta l’orrore del secondo Conflitto Mondiale con il verace disincanto di un semplice fante. Lo scritto del Marcelli, e questo spettacolo che ne ripercorre i passaggi più significativi, restituiscono lo sguardo di un’intera generazione di giovani uomini, trascinati dalle folli ambizioni di un regime dittatoriale in una delle più disastrose campagne militari del ‘900. È il 1941 quando Benito Mussolini decide di prendere parte all’invasione della Russia da parte delle armate naziste. Li Romani in Russia rivela il volto umano e autentico dell’esperienza della guerra dell’uomo comune: il cameratismo e la brutalità, la solidarietà e la disperazione dei singoli, note a margine nel grande libro della storia, che riporta ai posteri poco più che una cronaca altisonante. Finestre di autenticità che si aprono sulle vicende di Giggi, Mimmo, Peppe, Nicola e Remo, giovanissimi fanti spediti a passo di marcia verso la disfatta. Nei ranghi della divisione Torino attraversano l’Europa in una straziante impresa destinata al fallimento inseguendo, per conto dell’Italia Fascista, illusori sogni di gloria. Un testo che sa divertire e commuovere, invitando gli spettatori alla riflessione e alla memoria con i più potenti degli strumenti: la verità e la testimonianza. Dalla caserma della Cecchignola alle rive del Don, ingannati da false promesse, decimati dal gelo, dalla fame e dalle battaglie, dei 220.000 ragazzi che lasciano Roma, solo 90.000 faranno ritorno.
COPENHAGEN

COPENHAGEN è forse l’archetipo del teatro di argomento scientifico. Con le sue mille e più repliche solo tra National Theatre e West End nella prima produzione a Londra, e le più di trecento a Broadway, è la dimostrazione di come si possa affascinare il pubblico parlando di scienza anche a teatro, con apparente semplicità. La BBC ne ha fatto un film con Daniel Craig e Stephen Rea.Copenhagen narra dell’incontro tra Bohr ed Heisenberg, due dei massimi fisici del secolo scorso e tra i fondatori della meccanica quantistica, avvenuto nel pieno della Seconda Guerra Mondiale. L’incontro è ritenuto un ‘mistero’ storico: i due, pur essendo stati maestro ed allievo e collaboratori strettissimi, appartenevano a nazioni in guerra che cominciavano a rendersi conto che da scoperte apparentemente solo teoriche si sarebbero potute costruire armi decisive. Bohr e Heisenberg non hanno mai chiarito cosa si fossero detti, e Frayn prende l’episodio come spunto di una narrazione a tre che sembra quasi una ricerca scientifica e tratta di fisica, di etica e di amicizia.
CENERENTOLA – Across The Universe

“ Avete mai confuso il sogno con la vita? O nascosto qualcosa come un ladruncolo qualsiasi? Vi siete mai sentiti impauriti come davanti ad una strega? O creduto che i vostri oggetti come per magia si muovessero e invece erano fermi? Forse aveva ragione mia madre. Forse sognavo e basta. Forse erano gli anni 80. O magari ero o mi sentivo una CENERENTOLA. ”Così si presenta la protagonista della storia, come una ragazza interrotta dalla presenza di una madre “troppo buona”, e ci racconta della bontà che diventa identica alla cattiveria, quando presume di sapere ciò che è giusto o sbagliato, quando non riesce a lasciare spazio per vivere. Ripercorrendo i passi di Cenerentola, incontrando i personaggi della storia che si animano nella sua stanza e che prendono sostanza, forma e colore dalla tappezzeria delle pareti e dagli oggetti di uso quotidiano, la protagonista gioca, sogna e modifica la sua vita. La fiaba suggerisce una via di uscita: quale che sia il contesto difficile che si vive, il domani, si può essere certi, porta sorprese. Ed è per questo che vale la pena tentare, sognare, per incontrare i mille fatti del caso e della realtà.
LA CAPRA BALLERINA

La Capra ballerina è una tipica fiaba della tradizione regionale italiana dedicata al mondo infantile con uno schema narrativo arricchito da infinite varianti e colpi di scena. Nella fiaba si narra la storia di una vecchina che, dimenticando la porta di casa aperta, ha una brutta sorpresa al suo ritorno: una grossa capra è entrata in casa e ha chiuso la porta. Alcuni animali della campagna, un bue, un asino, un vitello, giunti in aiuto della vecchietta non riescono ad aprire la porta. Che fare? Quando tutto sembra oramai perduto ecco che un uccellino, furbo e coraggioso, riesce a risolvere la situazione in modo chiaro e gioioso. La morale è semplice: per combattere la prepotenza non bisogna mostrarsi intimoriti, la forza non serve a nulla contro l’intelligenza. Nella messa in scena grande importanza avrà la definizione degli animali-personaggi, infatti ognuno verrà realizzato a partire da una maschera della Commedia dell’Arte.
PINOCCHIO BAMBINO CRESCIUTO BURATTINO

“Pinocchio Bambino Cresciuto Burattino” è uno spettacolo di denuncia. Pinocchio, nato bambino, incontra da subito i personaggi della sua storia, della sua vita, con i quali si instaura una relazione asimmetrica: tutti vogliono dare il loro contributo alla crescita di Pinocchio e nessuno è completamente disposto ad ascoltare le sue esigenze. Le vicende dello spettacolo hanno significato inverso rispetto a quelle del testo di Collodi. Pinocchio non cercherà la redenzione per diventare bambino ma compirà un percorso di consapevolezza. Geppetto, Mangiafuoco, il Gatto e la Volpe, la Fàtina cercheranno progressivamente di mettergli addosso un progetto di educazione ma alla fine Pinocchio si renderà conto di quanto sta accadendo a lui e agli altri bambini come lui e si ribellerà, chiedendo di essere ascoltato e di essere considerato.
NIENTE DA DICHIARARE?

Rappresenta il teatro comico di fine ‘800 e inizi ‘900 che è caratterizzato dalla fioritura di vere e proprie “macchine” comiche. In questa commedia osserviamo un insieme di personaggi che, nonostante i vizi e le ipocrisie, risultano simpatici proprio per le “magagne” che combinano. Essi agiscono all’interno di alcune convenzioni sociali che vengono, però, disattese di nascosto. Questo contrasto tra regole pubbliche e imbrogli privati é la premessa di molteplici situazioni ricche di equivoci, espresse in un testo divertente e piccante ma affrontato con un linguaggio misurato e di buon gusto. La signora ed il sig. De Rosa, famiglia dell’alta borghesia, realizzano un matrimonio favoloso per la figlia primogenita con un ricco nobile uomo e desiderano tanti nobili nipotini. Ma non hanno fatto i conti con un maledetto doganiere