CHI È IO? 2024/25

Chi è io? è una commedia teatrale divertente e metafisica, è uno show televisivo di successo nel quale si intervistano personaggi anticonformisti. Chi è io? è una commedia psicologica, psicosomatica, psichedelica, psicotropa che agisce su spettatori, pazienti, personaggi, presentatori e terapeuti. Chi è io? è la domanda rivolta a Leo Mayer che lo costringe a ripercorrere alcuni momenti della sua vita come in un sogno accompagnato dalle persone che ama e che lo amano. Il suo è un tumulto di paure, debolezze e passioni in un vortice di annegamento. Può l’amore essere più forte della morte? Forse sì se i sogni, mischiandosi con la vita, ci riescono a strappare dall’anticamera dell’irreale. Leo Mayer rivive la propria esistenza con spostamenti della credibilità, verosimili ma non veri.
TESTIMONE D’ACCUSA

Testimone d’accusa di Agatha Christie è molto probabilmente il più bel dramma giudiziario dell’autrice. Il gioco non verte tanto sulla psicologia dei personaggi (ci si aggira tra simulatori occulti, assassini e grandi avvocati) quanto sulla perfezione del meccanismo. Un colpo di scena dopo l’altro, in un crescendo raveliano, una battuta dopo l’altra. Lo spunto, come spesso accade nelle opere della Christie, parte dalla storia di una donna tradita dal marito più giovane; ed è uno spunto autobiografico. L’autrice fu tradita dal primo marito (di cui però portò sempre il cognome) e sposò poi un uomo molto più giovane di lei. Ma bastasse questo… Il film capolavoro che ne trasse Billy Wilder era assai liberamente tratto -la Christie lo considerava il miglior adattamento cinematografico della sua opera-. Il testo teatrale è assai più asciutto, non concede tregua alla tensione, affonda come una lama di coltello affilatissima (letteralmente) nella schiena di chi osserva. Considerare la “maestra del brivido” un’autrice di consumo è come valutare Hitchcock un cineasta di serie B. Agatha è un genio e tale per sempre resterà. E qui, più che in Trappola per topi, più che in Dieci piccoli indiani questo diamante luccica in tutto il suo splendore. Naturalmente metterlo in scena richiede un cast di livello superiore e un realismo (non certo naturalismo) rigidissimi. E una dovizia di mezzi scenografici e recitativi. Io l’ho messo in scena con Paolo Triestino, serio attore di lungo corso, con Vanessa Gravina, bella, bravissima e impossibile, Giulio Corso, uno dei migliori dell’ultima generazione, e altri 9 attori, tutti perfettamente aderenti ai ruoli. Per chiudere (ed essere più chiaro) vi anticiperò due particolari: in scena avremo lo stenografo che scriverà -con il particolare ticchettio- tutti i verbali del processo su una macchina stenografica autentica del 1948 (la commedia è del ‘53), i sei giurati saranno scelti tra il pubblico sera per sera, e chiamati a giurare e ad emettere il verdetto. Buoni brividi a tutti! Geppy Gleijeses
PEPPE80BARRA – UN’ETÀ CERTA

In occasione dei suoi 80 anni Peppe Barra ha ideato un concerto unico e appassionante in cui protagonista è come sempre la sua versatilità interpretativa che con l’energia travolgente che lo caratterizza, restituisce allo spettatore un repertorio che parte dalla contaminazione di brani della tradizione di autori come Leonardo Vinci, Ferdinando Russo, E. A. Mario, a composizioni più recenti di autori come Pino Daniele, Enzo Gragnaniello, fino ad arrivare a composizioni contenute nel suo ultimo lavoro discografico dal titolo “Cipria e caffè” di autori partenopei contemporanei quali Gnut e Toto Toralbo. I testi costruiscono con la musica, architetture sonore con il blues, il jazz, riuscendo a far convivere suoni antichi e moderni, tammurriate ed arie del Settecento. La forza della parola, gli accenti sospesi del suo dialetto diventano la viva e palpitante materia sonora che caratterizzano questo spettacolo con il sostegno di musicisti straordinari che da lungo tempo sono i suoi compagni di viaggio. Personaggio sempre autentico, nella vita e sulla scena, artista puro, trasmette al suo pubblico un magma incandescente di emozioni, dalla risata più sonora alla commozione più autentica
LA MERITOCRAZIA: UN’ILLUSIONE CHE GIUSTIFICA LE DISEGUAGLIANZE?

La meritocrazia ai nostri giorni gode di una strana fama. Tanti politici, imprenditori, esponenti della società civile promuovono la società meritocratica come una società a misura d’uomo, l’unica all’altezza delle sue esigenze di giustizia sociale; molti filosofi, economisti, politologi, sociologi, vedono invece nella meritocrazia un’ideologia che legittima le disuguaglianze, una falsa promessa di mobilità sociale ed uguaglianza delle opportunità. L’interrogativo allora non è sulle ragioni o i torti di una parte rispetto all’altra, ma sulla natura dell’ambivalenza insita nella meritocrazia. Cerchiamo di capire se il successo è sempre equivalente al merito. Se così fosse, la pretesa della meritocrazia di separare i pochi ‘meritevoli’ dai molti ‘demeritevoli’, sarebbe pienamente fondata. Nella storia le oligarchie, i governi dei pochi, hanno sempre tentato di presentarsi come aristocrazie, i governi dei migliori (pochi). La meritocrazia sembra proprio adatta a questa funzione. Eppure quando guardiamo più in profondità nei successi individuali nella scuola, nello sport, in politica, in economia, vediamo che c’è molto di più del semplice merito. Luigino Bruni è economista e storico del pensiero economico, con interessi in filosofia e teologia. Ordinario di economia politica alla LUMSA di Roma, è direttore scientifico di The Economy of Francesco e presidente della Scuola di economia civile di Figline e Incisa Valdarno. Collabora con “Avvenire”. Opere principali: Vilfredo Pareto. Alle radici della scienza economica del Novecento (1999), Il prezzo della gratuità (2006); Reciprocità. Dinamiche di cooperazione, economia e società civile (2006); La ferita dell’altro. Economia e relazioni umane (2007); (A cura di) e Stefano Zamagni, Dizionario di Economia Civile (2009); L’ impresa civile. Una via italiana all’economia di mercato (2009); L’ethos del mercato. Un’introduzione ai fondamenti antropologici e relazionali dell’economia (2010); Le nuove virtù del mercato, nell’era dei beni comuni (2012); Le prime radici. La via italiana alla cooperazione e al mercato (2012); Economia con l’anima (2013); L. Bruni, N. Riccardi, P. Rota Scalabrini, L’uomo spirituale e l’homo oeconomicus. Il cristianesimo e il denaro (2013); Ricchezze. Beati quelli che investiranno in economie di comunione (2014); L. Bruni e A. Smerilli, L’altra metà dell’economia.Gratuità e mercati (2014); Fondati sul lavoro (2014); Le imprese del patriarca. Mercato, denaro e relazioni umane nel libro della Genesi (2015); Il mercato e il dono. Gli spiriti del capitalismo (2015); La foresta e l’albero. Dieci parole per un’economia umana (2016); Gli imperi di sabbia. Logiche del mercato e beatitudini evangeliche (2016); La sventura di un uomo giusto. Una rilettura del libro di Giobbe (2016); Una casa senza idoli. Qoèlet, il libro delle nude domande (2017); L. Bruni, L. Becchetti, S. Zamagni, Economia civile e sviluppo sostenibile (2019); Le donne nascoste nella Bibbia (2020); Più grandi della colpa (2020); L’esilio e la promessa (2021); L’anima e la cetra (2021); L. Bruni e M. Grilli, L’uso dei beni (2021); Il Vangelo Secondo Marco (2022); L’economia che fa vivere (2022); La comunità fragile (2022); Capitalismo meridiano (2022); Il segno e la carne (2023); La Fedeltà e il riscatto (2023).
ITINERANCE IN JAM

Itinerance in Jam è una performance che ci riporta alla New Orleans degli anni ’50, l’epoca delle ‘jam’, dove l’incontro casuale tra ‘anime irrequiete’ dà vita a grandi universi artistici.Il progetto vuole sottolineare il senso dell’estemporaneo e dell’ignoto tra artisti: due danzatori e un musicista che non si conoscono avviano un processo creativo che lascia pieno spazio all’improvvisazione; uno spettacolo nato dal connubio tra musica dal vivo e danza.
SEX.EXE
SEX.EXE intende creare una dimensione simbolica attraverso la costruzione di immagini archetipiche, tra danza, arte visiva, parola e tecnologia, per sollevare domande e riflessioni intorno al tema dell’oggettificazione del corpo. Partiamo da un’indagine coreografica sul tentativo di liberarsi da un’immagine fissa, imposta dall’esterno, di ciò che dovrebbe o meno essere rappresentato – e rappresentativo – di un corpo. Da secoli la restituzione visiva della nudità, così come della libera espressione corporea, è stata oggetto di manipolazione, censura, e dictat precisi su ciò che fosse legittimo o meno mostrare. La semantica della raffigurazione non è quasi mai stata di monopolio del corpo stesso, l’autoaffermazione e autodeterminazione di come rappresentarsi si sono sempre scontrate con il veto dell’occhio esterno e di una censura binaria, eteronormativa, casta quanto castigata. La coreografia ha inizio con tre corpi nello spazio che esplorano una dimensione di movimento bidimensionale, prendendo spunto proprio dalle prime figure umane rappresentate, dalla scrittura geroglifica egiziana, alla tradizione dei vasi greci alle pitture rupestri, all’iconografia religiosa. Il corpo non esplode di e in se stesso ma rimane nel binario predestinato della raffigurazione, incarnando le limitate possibilità espressive di una sagoma i cui gesti sono solo e unicamente schiacciati in due dimensioni. La liberazione da questa imposizione arriva con la rottura delle traversate, con la ricerca di un’espansione tridimensionale, tesa ad una ricerca della propria individualità. Attraverso la scoperta della propria sensibilità, intesa come percezione del mondo attraverso i sensi, le sovrastrutture soccombono, in un processo trasformativo dove il sacro diviene profano e la rappresentazione del corpo diviene carne viva. Lo studio iconografico alla base della costruzione del movimento traccia una vera e propria storia dell’umanità partendo dalle prime raffigurazioni, il primo individuare come raffigurare l’umano, per arrivare alla proposta di una nuova prospettiva. Il corpo non è più schiacciato, censurato, definito e incasellato, ma riesce a esplodere nella propria complessità, molteplicità e libertà di espressione oltre la definizione e, in qualche modo, anche oltre l’identità definita come gabbia. SEX.EXE dunque non intende semplicemente restituire stereotipi perpetrati da secoli di narrazioni distorte, ma propone alternative di rappresentazione, attraverso una visione rinnovata del corpo al di là del binarismo di genere, dei ruoli e delle convenzioni.
HEY JO!

HEY JO! si inserisce in una progettualità più ampia dal titolo OBEY che indaga i concetti di regola, obbedienza e merito. Come in un gioco che proprio giocoso non è, tre donne attraversano differenti schemi di interazione e relazione, e provano a trovare possibili alternative a un sistema che non le rappresenta. Krass è un collettivo di quattro artisti fondato nel 2022 a Barletta con l’intenzione di diffondere danza, teatro e musica sul territorio, in un’ottica di osmosi e contaminazione tra i diversi linguaggi.
INFIERI / INESORABILMENTEUNAVIA / R.I.A.D. Rhythm Is A Dancer

INFIERIINFIERI affronta il tema del processo decisionale e le conseguenze ad esso associate, nella prospettiva dell’attuazione di sé. Principio chiave del solo è il silenzio, inteso come l’ascolto del movimento nel momento contingente che si produce solo in uno stato di necessità. La coreografia diventa l’unico vero soggetto della performance: il danzatore dialoga con sé stesso producendo volumi negativi, e con la stanza vuota che attraversa manifestandone la densità. Il ritmo è scandito dalla danza, spesso gestuale, che si rivela simile a una conversazione, a tratti concitata, quasi fosse alla ricerca di una risposta. Il differenziarsi delle qualità di movimento conferisce al solo una forza assertiva tanto quanto d’abbandono; Infieri è probabilmente la ricerca di una consapevolezza, la liberazione da qualcosa che ci bracca e intimorisce, è sicuramente la necessità di proseguire, di reagire, sempre presente. Un viaggio verso sé stessi per venir fuori da sé, in un tempo apparentemente in stasi, ma scorrente. a seguire INESORABILMENTEUNAVIAINESORABILMENTEUNAVIA si ispira a Il Bisonte (1998) di BizhanBassiri e Stefano Taglietti. La video-opera indaga il movimento implacabile della natura che si rigenera costantemente, trasformando energia pura in forma e viceversa, senza mai cessare il suo corso. Questa tensione rivela un rituale, un’unica strada cattura lo sguardo, offrendo continui simboli e associazioni, che si alternano in un ciclo chiuso e ipnotico.Una sequenza inesorabile assume la forma di un percorso che nega l’espressione esplosiva e muscolare dell’energia, sottolineandone piuttosto la labilità e il disequilibrio. INESORABILMENTEUNAVIA porta sulla scena il dialogo tra prospettive diverse, alla ricerca di un’energia interiore che porta all’armonia. Un invito a raggiungere nuovi equilibri. a seguire R.I.A.D. RhythmIs A DancerDue danzatori si confrontano con una batteria scomposta. Il progetto ritmico “Rhythmis a Dancer” nasce dalla ricerca di una relazione coreografica tra il corpo e tre percussioni: rullante, hi-hat e gran cassa. L’intera performance è immaginata intorno a questi 4 elementi che insieme costituiscono un ventaglio infinito di possibilità sonore, ritmiche e dinamiche. ELEMENTI Ogni elemento è uno strumento compositivo, compreso lo stesso corpo dei danzatori, che viene suonato e analizzato fisicamente ricercandone un valore specifico. Partendo dal rullante i danzatori si approcciano via via agli altri strumenti, assumendone l’energia e la potenzialità ritmica. Il suono riverbera nei passi dei danzatori e il movimento incorpora ciò che viene creato a livello sonoro. Si attraversa il mondo sonoro dell’hi-hat e della grancassa, per poi esplorare il suono del corpo tramite le tecniche di body percussion e stepping. La performance ricerca una simbiosi con la ritmica della batteria, decostruendola per poi infine suonarla e fare entrare la danza in una simbiosi magica con la musica.
SAMEVAL COEVO _ il doppio e lo specchio / TOTEMICA – Site Specific

SAMEVAL COEVO _ il doppio e lo specchioPartendo dall’ etimologia del titolo, è importante conoscere la definizione di Sameval: dal gergo sloveno la cui traduzione in italiano diviene “solo”. Questo progetto artistico parte dall’idea di un unico individuo capace di accogliere due personalità parallelamente estreme, sfruttando il tema del bipolarismo. Il disturbo bipolare colpisce l’1-2% della popolazione generale. Dunque questo sta a significare che la tematica, per quanto possa sembrare lontana, in realtà è molto più diffusa di quanto si pensi. Ispirato al racconto gotico dello scrittore Robert Luis The Strange Case of Dr Jekyll and Mr Hyde, 1886, SAMEVAL COEVO, vorrebbe riprendere il tema della coesistenza del bene e del male, in un’esplorazione declinata per spazi teatrali convenzionali e in situazioni site specific.Un disagio. Un’ esistenza, coesa tra due personalità, che sfrutta da una p a r t e il malessere con la perdita di interesse nella vita e dall’altra la leggerezza tramite l’esaltazione della stessa. La natura dell’essere porterà alla proiezione di due binari sovrapposti che, viaggiando parallelamente, diventeranno uno ed uno solo. a seguire TOTEMICA – Site SpecificTOTEMICA nasce nel periodo della pandemia come riflessione sulla condizione umana contemporanea ed il suo senso di onnipotenza perpetuo. Sono abitato dal dubbio come non mai, la pandemia ha mosso e rotto molte delle mie certezze. Il mio rito quotidiano è disintegrato, alla ricerca di una base ove poggiarsi. Spesso mi ritrovo a navigare in una sorta di spazio siderale, nel quale so di non poter riporre alcuna certezza. TOTEMICA è una divinità decaduta che non sa più chi è, che non si riconosce più in nessun luogo e nessun credo. La coreografia esibisce un dio irriconoscibile nel presente, concreto nella storia, energia viva ma scaduta in un limbo non identificato. Potente tamburo muto che risuona a tratti. L’interprete ricade nel silenzio più enigmatico di una nuova ricerca di sé stesso, senza fine. Totemica vuole essere la testimonianza fisica ed emotiva di questa situazione, in cui si abita una sacralità dispersa priva di appigli.
QUEL CHE RESTA / WABI-SABI

QUEL CHE RESTAQUEL CHE RESTA è stato, dapprima, uno dei territori della mappa e delle pratiche, tra glaciazione, pelli, fughe per poi divenire l’immagine sovrastante, la bolla, il grado di presenza necessario, lo sguardo condiviso, l’interrogazione inevitabile su cui sostare, per ritrovare il respiro sottile e transitare da una danza all’altra. Da sezione di spazio, lo spettacolo è diventato l’intero organismo, il vivente, una moltiplicazione di vettori, di prospettive, di flessioni anatomiche, di ritmo e tempo. Ci ha rese tessuti connettivi, per immaginare e accogliere altri abitanti, per far riverberare temperature e provenienze, per generare accordi multiformi di ingresso nel movimento, cercando ogni volta delle inattese capacità di fare mondo. Di generarci stupore. Quel che resta è l’irruenza e l’indugiare dei corpi, è il tocco senza peso: estende un vocabolario di attese e ripartenze, di geometrie reiterate, di antiche e future danze, di resistenza e di ritornelli. Da agganciare. a seguire WABI-SABIWABI-SABI, dal giapponese, offre una visione del mondo incentrata sull’accettazione della transitorietà delle cose e sulla ricerca della bellezza nell’ imperfetto, effimero e incompleto delle nostre vite. WABI-SABI esplora il nostro viaggio di vita come individui, perlopiù in costante insoddisfazione e in diversi stadi di tormento, e propone una riflessione sulla nostraesistenza.L’accettazione dell’essenza della nostra natura e della bellezza che si può trovare nell’imperfezione, porta crescita, rinnovamento e gioia.