LA FAVOLA DI PETER

Peter ha una gemella: l’ombra. Sono “venuti alla luce” assieme. Sono cresciuti assieme. Hanno giocato assieme. Peter muoveva l’ombra e l’ombra aveva sempre idee meravigliose da offrirgli. Poi Peter cresce, fa le cose che fanno i grandi, non ha più tempo di giocare. L’ombra resta sempre lì, dietro di lui, in attesa di essere guardata di nuovo. Finché un giorno, si sono separati … e …. In scena, un attore e la sua ombra su uno sfondo bianco che giocano e interagiscono creando numerosi personaggi e mondi immaginari. Un linguaggio visivo onirico, poetico e ironico che parla a tutte le età con il linguaggio magico delle ombre.
ALGORITMO
In un futuro non troppo lontano, un uomo solo e smarrito si vede recapitare a casa un robot umanoide. Si tratta di “Martie”, una creatura dalle sembianze incredibilmente umane, in grado di acquisire, con sorprendente rapidità, qualunque tipo di informazione e che, attraverso un sofisticatissimo algoritmo, regola il suo comportamento in base agli stimoli ricevuti. Il protagonista, inizialmente diffidente, trova in Martie un’alleata perfetta, un’assistente in grado di risolvere tutti i suoi problemi e che lo aiuterà persino a ritrovare se stesso. Ma ad un certo punto, qualcosa non va come ci si aspetta. Lo spettacolo che ne segue è un mix esilarante di musica, tip tap, poesia, incanto, magia e ritmo. Attraverso un’ironica e creativa narrazione, lo show affronta temi come il progresso, l’identità, il patriarcato, la solitudine, il tempo, portando il pubblico a riflettere, ridendo, sui rischi e benefici dell’intelligenza artificiale.
BESTIA DA STILE

Come suggerisce Carmelo Alberti, Bestia da stile è un esperimento di teatro totale, una forma-dramma che si muove tra coordinate multiple tra mito e contemporaneità, tra vita poetica e storia delle società, tra soggettività e populismo. Il dramma segue le vicende del giovane studente di filosofia Jan Palach, il dissidente cecoslovacco che il 16 gennaio 1969 nella piazza San Venceslao di Praga si diede fuoco per protesta contro l’invasione sovietica, che aveva posto fine il 20 agosto del 1968 alla stagione riformatrice della “Primavera di Praga” di Alexander Dubček. Dopo un’agonia di tre giorni, in cui Palach rimase lucido in mezzo ad atroci dolori, si celebrarono i funerali, seguiti da 600.000 persone. Nella messa in scena, è il suono a dirigere le dinamiche agite dagli attori. Suono delle parole poetiche, memorie di altre parole che sono state l’impalcatura di una vita intera, di parole dette e ascoltate, parole della guerra e della natura, della Rivoluzione e della Libertà. Il testo di Pasolini, tessitura densa dei legami determinati dalle catene di parole, dove ciascuna parola e molteplicità d’altre parole, riproduce incessantemente suoni su suoni, in una sovrapposizione di forme significanti, a volte, ineludibile, come in una partitura di Henri Chopin, dove i “suoni dal corpo” sono rigurgiti delle profondità dell’anima. In questa speleologia sonora, dove la significazione è il risultato di un conflitto, noi scopriamo la vera essenza di un ideale, dalle parole di un testo autobiografico che è stato scritto come una tragedia greca, insorgendo contro la perdita di senso esistenziale, per il sogno di conquista della Libertà, quale opposizione al Capitalismo consumistico che, oggi, ci trascina nel suo gorgo inarrestabile, trasformandoci e “cambiando di stato”, fisicamente, ineluttabilmente, passando attraverso il fuoco nel cambio di materia che ci renderà immortali.
LE SERVE

La storia scritta da Genet – ispirata da un reale fatto di cronaca – è quella di due cameriere che allo stesso tempo amano e odiano la loro padrona, Madame. Genet presenta le due sorelle – Solange e Clare – nella loro vita quotidiana, nell’alternarsi fra fantasia e realtà, fra gioco del delirio e delirio reale in un rituale che è l’incarnazione della frustrazione: l’azione di uccidere l’oggetto amato ed invidiato, viene ripetuta all’infinito come un gioco. Tuttavia questo gioco non raggiunge mai il suo apice, la messa in scena che le due sorelle compiono viene continuamente interrotta dall’arrivo della padrona… Fino ad un punto di non ritorno. Veronica Cruciani (Premio della Critica e Hystrio), ambienta la vicenda in una città contemporanea, valorizzando dunque i temi, attualissimi, del potere e del genere. Il ruolo di Madame è affidato a Eva Robin’s, icona pop del transgender dall’originale percorso teatrale. A interpretare le bonnes, due giovani attrici cresciute alla Scuola dello Stabile di Torino: Beatrice Vecchione – già diretta da Malosti, Martone e Muscato – e Matilde Vigna, Premio Ubu 2019 come Migliore attrice under 35 e finalista 2022 per il Miglior nuovo testo italiano.
IO SONO FRANCO

Come si misura la vita di un uomo? Al contrario. La storia di Franco è la storia di un uomo che ha nel nome un destino: l’onestà. Franco ha il ‘vizio’ di riparare le cose, di farle funzionare. Franco è un uomo normale e di normale ha la vita, a famiglia, il lavoro. Fino a quell’ultimo giorno di marzo, quando, costretto a lasciare tutto, alla debita distanza, rileggerà sotto una nuova luce la sua città, i suoi amici, la sua infanzia, i suoi ragazzi, sua moglie, sua madre, suo padre, soprattutto. Guardandoli si renderà conto che non cambierebbe nulla di quello che ha fatto, rifarebbe tutto proprio così. Perché riparare è un gesto di cura, di attenzione e di responsabilità verso se stessi e verso gli altri. E la responsabilità è la possibilità della scelta, di dissentire per sentire quello che accade intorno. La storia di Franco è la storia di un uomo che ha nel nome un destino: l’onestà e la libertà. La storia di Franco è una storia che deve essere raccontata perché è una storia che non finisce mai.
ITACA PER SEMPRE

Itaca per sempre è un progetto teatrale che rilegge il mito di Ulisse con uno sguardo originale, tratto dal romanzo di Luigi Malerba. Diretto da Alessandra Pizzi e interpretato da Enrico Lo Verso, lo spettacolo affronta il tema del ritorno in una chiave nuova e sorprendente. Non è solo la storia di un viaggio epico, ma un racconto che scava nelle pieghe più profonde dell’animo umano, esplorando il confronto tra ciò che si è lasciato e ciò che si ritrova. Ulisse, dopo vent’anni di assenza, torna a Itaca, ma niente è più come lo ricordava. La terra è cambiata, il figlio Telemaco è ormai adulto, e Penelope non è più la donna che aveva idealizzato nei ricordi. In questa narrazione, Penelope non è solo l’emblema della fedeltà, ma una figura autonoma, che si è trasformata durante l’attesa, capace di sorprendere e sfidare Ulisse in modi inaspettati. Il loro incontro diventa un dialogo intenso e profondo, che pone domande universali sul cambiamento, sull’identità e sulla capacità di ritrovarsi dopo un lungo distacco. La regia di Alessandra Pizzi costruisce uno spazio scenico sobrio ma evocativo, in cui la parola, accompagnata dalla colonna sonora originale di Mirko Lodedo, diventa protagonista. Le musiche, potenti e suggestive, non si limitano ad accompagnare la scena ma amplificano le emozioni, creando un tessuto sonoro che guida lo spettatore attraverso il racconto. Enrico Lo Verso porta in scena un Ulisse umano e vulnerabile, lontano dagli stereotipi eroici, in cui convivono forza e fragilità, passione e dubbio. Itaca per sempre non è solo una narrazione teatrale, ma un’occasione per riflettere sul significato del ritorno e sulla difficoltà di riconoscere sé stessi e gli altri dopo un lungo viaggio, fisico e interiore. Uno spettacolo che unisce mito e attualità, offrendo una prospettiva unica su una storia senza tempo.
TANTO VALE DIVERTIRSI 2024

Lo spettacolo si ispira a fatti realmente accaduti durante la seconda guerra mondiale nel campo di transito di Westerbork, in Olanda, dove per una strana coincidenza si ritrovano i maggiori attori comici del tempo, tuti ebrei. Fu costruito un teatro dove questi dovevano esibirsi in spettacoli leggeri di intrattenimento in cambio di una momentanea immunità dai campi di sterminio. Gli attori esplorano meccanismi della risata muovendosi su un terreno delicatissimo, omaggiando l’umorismo che storicamente riuscì a ‘rovesciare la scansione del lutto’. Un’operazione che racconta da una prospettiva inusuale il dramma della shoah e che mostra come, anche in un contesto di morte e sofferenza, l’arte e la risata si fecero spazio per aiutare a sopravvivere. “Un po’ per celia, un po’ per non morire!” diceva Ettore Petrolini citando Madama Butterfly. E non è proprio per esorcizzare la morte che l’uomo, o qualcuno più su, ha inventato la risata? E cosa c’è di meglio, allora, che cambiare una brutta tragedia, il famoso Amleto di Shakespeare, in una farsa che possa far morire… dal ridere? Tre strampalati attori comici ci proveranno disperatamente in una misteriosa corsa contro il tempo: vaudeville, teatro comico futurista, kabarett, avanspettacolo, rivista, umorismo yiddish sono mescolati in un gran pentolone con le parole del bardo inglese.
QUANDO UN MUSICISTA RIDE

Giocare e ridere con la musica e le canzoni. Impresa facile per Elio e la sua band di giovanissimi virtuosi che, dopo il grande successo di Ci vuole orecchio, si divertono ora ad esplorare e reinventare quell’immenso repertorio seriamente comico ai confini tra canto e disincanto che, soprattutto intorno agli anni ‘60, ha percorso la musica, la canzone, il cabaret ed il teatro italiano. Da Fo a Gaber, da Jannacci a Cochi e Renato, da Flaiano a Marcello Marchesi, più tantissimi altri, una generazione di artisti eccentrici e controcorrente che hanno sorpreso e divertito tutti, dagli sperimentalisti al grande pubblico reinventando un genere musicale ricco di eccentriche e divertenti “canzoni scanzonate”. È quello che questo spettacolo si propone di fare, ritrovando e rinnovando oggi quegli spunti geniali, innovativi, anticonformisti, e anche quella libertà creativa. Perché è bello essere lì “quando un musicista ride”.
AMORE E PSICHE

FUORI ABBONAMENTO Traetta Opera Festival Amanda Sandrelli AMORE E PSICHE La Favola di Apuleio e la musica di Tommaso Traetta drammaturgia Nicola Pice e Maurizio Pellegrini con Donatella De Luca – soprano, Alessandra Gaeta – danzatrice e coreografa Coro Lirico Città di Bitonto: Giuseppe Maiorano – maestro del coro Ensemble del Traetta Opera Festival: Gianmaria Fantato Pontini -direttore Amore si innamora di Psiche, ma il loro amore ha una condizione: Psiche non dovrà mai vedere il volto del suo amato. È l’affascinante favola che rispecchia l’enigma dell’amore, tramandata dalle Metamorfosi di Apuleio. Nel numero infinito delle sue variazioni si inserisce anche quella di Coltellini messa in musica da Traetta.
DANSE MACABRE!

Danse Macabre! è un invito austero a danzare verso l’ignoto, legando e affermando relazioni con il mondo attuale, ricercando attraverso una commistione visionaria tra corpi danzanti, film, testi, musica elettronica e luce. Le figure si specchiano e si raddoppiano, penetrano la propria immagine e diventano non solo interpreti ma anche incarnazioni del movimento sul palco. La danza propria dei morti è una delle tematiche iconografiche più sviluppate nella storia dell’arte occidentale, fece emergere un pensiero più complesso sulla realtà, riflettendo anche sul concetto più generale che ogni movimento sopramondano e dell’aldilà sia danza: danzano le stelle, gli dei, gli spiriti, la natura. Attraverso l’inclusione di un film come terzo elemento della costruzione scenica, la performance ricerca un’esperienza di spostamento percettivo dello spettatore, sondando la materia oscura dell’immaginazione. Immaginare significa creare immagini interne, senza regole fisse, e collegarle fra loro fino a creare fantasie o storie che esistono dentro di noi e non nella realtà. Parte dai materiali visivi sono stati pensati insieme all’artista Roberto Fassone, creando un’entità altra attraverso dei testi che riflettono insieme al pubblico sul concetto di aldilà. La danza si manifesta in forme mutevoli tentando di liberarsi dalla violenza della rappresentazione, oscillando tra poli differenti per accostamenti, rendendo visibile l’invisibile in una tensione ipercosciente fra la vita e la morte.