SOGNO IN SCATOLA

In scena due attori, un pupazzo e una lunga storia che si srotola tra rime e colori. Uno spettacolo senza tempo, un bambino, o forse tanti, alle prese con una montagna di scatole. La sua immaginazione lo guiderà alla scoperta di luoghi magici e nascosti nei quali tutto può accadere: incontrerà leggendari astronauti e balene canterine, viaggerà tra i pianeti e nel profondo del mare, esplorerà di che cosa sono fatti i sogni.Una scatola può essere la stanza attraverso cui ogni bambino inventa la sua storia. Può essere il mare, il cielo e tutto il firmamento delle stelle. Il posto sicuro nel quale custodire i segreti, raccogliere i sogni e immaginare il mondo.

IL RONZIO DELLE VEDOVE

L’azione si svolge nella camera ardente di Don Giovanni, dove, le sue amanti, ormai vedove, lo piangono e lo ricordano in perfetta armonia e complicità. Leporello, suo fedele servitore, ne tesse le lodi, per poi viscidamente tentare di prenderne il posto nei cuori delle donne e del pubblico o almeno così egli spera. Lo spettacolo nasce e si sviluppa attorno ad una domanda: è giusto condannare all’inferno chi dell’amore ha fatto un capolavoro?

MALDAMOR

Lo spettacolo, sulla vita della poetessa Alda Merini, apre al tema della salute mentale, della salute e del benessere. La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non semplice assenza di malattia o di infermità. Il disturbo mentale è inteso come una sindrome caratterizzata da significativi problemi nel pensiero, nella regolazione delle emozioni, o nel comportamento di una persona, che riflettono una disfunzione dei processi psicologici, biologici o dello sviluppo che compongono il funzionamento mentale. Lo spettacolo affronta il tema sfruttando il potere delle parole, come strumento di congiunzione tra la libertà e la reclusione del manicomio, tra il dentro e il fuori. E proprio grazie all’utilizzo delle parole che Alda è riuscita a sentirsi libera: libera di esprimersi, libera di raccontare i suoi tormenti, libera di affrontare il tema della vita, dell’amore, della famiglia, e della cattiveria della gente. La vera innovazione oggi è la “parola”, quella che riusciamo a scambiare con qualcuno guardandolo negli occhi. La vera innovazione oggi è scambiare uno sguardo con chi ho di fronte. La vera innovazione oggi è ascoltare una storia raccontata da chi è insieme a me, nello stesso posto.

FAR FINTA DI ESSERE GABER

Far finta di essere Gaber-scritto da Salvatore e Francesco Saverio Cosentino, con la collaborazione della Fondazione Gaber- è uno spettacolo intenso e poetico, che tratta con leggerezza temi come la diseguaglianza sociale da globalizzazione; lo svilimento dell’antico e nobile ruolo della politica; la sfrenata e frustrante, ottusa corsa verso uno sviluppo che non è mai progresso; le dittature, i fanatismi, i totalitarismi e le guerre; la crisi delle ideologie e la forse definitiva vittoria del mercato. Con uno sguardo sempre rivolto alla revisione di ogni cieco conformismo, gli autori ed interpreti (papà e figlio), con serrati dialoghi e belle canzoni, raccontano, in modo originale, un pezzo di quella tragi-commedia che chiamiamo vita.

IL CASTELLO 2024

Un viaggio letterario e visionario in una sensibilità d’immaginazione immaginata lungo il sentiero di secoli di preveggenza, di misteri, di labirintiche e tortuose analogie tra l’irrisolto umano e l’adulta ipertrofia di un mondo immaginario. Si scoprono così, attraverso le opere di Italo Calvino, le mille possibilità del vagare tra i labirintici corridoi della fantasia letteraria alla ricerca della soluzione ai rebus combinativi delle narrazioni, bivi continui con conseguenti, infinite, soluzioni, invenzioni, diremmo, così stimolanti per chi voglia avventurarsi nel cosmo inatteso e precipitato della combinazione di eventi. Il Castello vuol essere un omaggio, dunque, al famoso scrittore italiano, pur non ispirandosi da alcuna sua opera in particolare, vuol prendere in prestito l’amore per la sperimentazione, la scrittura, forse, un po’ fine a sé stessa, un rimando continuo all’avventurosa voglia di trasgressione, l’amore conciliante per i pensieri lambiccanti. Restare dentro un movimento circolare e vorticoso, come a volersi friggersi il corpo su un rovente crogiolo, per poter scoprire, amorevolmente, la passione totalizzante per la leggerezza.

BRUCIATELI TUTTI

Il 14 Aprile 2008, mi trovavo insieme ad alcuni amici e colleghi a replicare uno spettacolo in cui credevamo molto, per i contenuti che cercava di divulgare ma anche per i linguaggi teatrali scelti. Il titolo era “Di buona Costituzione!” ed era nato tre anni prima dalla richiesta specifica di una insegnante di Diritto che chiedeva il supporto del Teatro per sottolineare il valore della nostra Carta Costituzionale. Quel giorno lo spettacolo, tenutosi nell’aula magna di una scuola della periferia milanese, continuò con un dibattito dai toni accesi sul tema delle migrazioni verso l’Italia, che si chiuse con la frase di uno studente, fattosi portavoce del gruppetto d’appartenenza, che urlò con convinzione “Bruciateli tutti!”. Quello stesso giorno si concludeva lo spoglio dei voti per l’elezione del nuovo Governo, intuimmo senza difficoltà chi potesse aver vinto la tornata elettorale. Il vento nero che aveva appena inziato a soffiare sull’Europa aveva raggiunto anche l’Italia e qualcuno era pronto a cavalcarlo. Questo spettacolo racconta come negli ultimi anni la “costruzione del nemico” sia servita a rafforzare quella politica priva di scrupoli e indifferente al dolore altrui che in un momento di difficoltà del Paese non ha avuto problemi a trovare i propri sostenitori alimentando vecchie e nuove forme di razzismo. Gli strumenti principali sono stati la “parola” e i nuovi mezzi per diffonderla. Per mostrare come questa deriva populista sia pericolosa si ricorderanno i casi eclatanti del Rwanda del 1994 e del Myanmar del 2017 per poi tornare a noi e fare i conti con le nostre vittime, centinaia di sconosciute vittime causate dall’odio immotivato fomentato da chi irresponsabilmente vuol dare un volto al nemico.  

TAMBURO È VOCE

A volte la voce viene accostata a uno strumento, capace di trasmettere sonorità, sensi musicali al di là delle parole, oltre ogni significato riconoscibile. Ma nello spettacolo «Tamburo è voce… Battiti di un cantastorie» sembra accada l’opposto: è lo strumento, il tamburo a farsi voce, con il suo ritmo reso malleabile, flessibile, pronto a partecipare al racconto di tante storie. Nando Brusco – autore e protagonista – narra, canta e… suona. Tamburi, per lo più con sonagli, di differenti dimensioni, anche molto grandi, utilizzati in verticale, con la mano che scorre veloce sulla superficie producendo sonorità diverse, anche di tempesta, di mare minaccioso, e sa sapendo però anche addolcire il movimento che da rapido e convulso si fa più quieto, morbido, moderato. Così si compone un delicato e struggente mosaico di storie di Calabria: “In questa terra non c’è più memoria”. Miti e riti, avventure di mare e ribellioni di terra, ricordi personali e ricerche. La formazione delle ciurme, la paura delle madri, delle mogli che, ben conoscendo quanto grandi e rapidi fossero i pericoli, pronunciavano precise parole, compivano gesti propiziatorii. La leggenda di Locri, il fondamentale ruolo delle donne venute da Oriente: “Se dovessi dare un nome alla mia terra la chiamerei Maria”. La continua emigrazione dalle terre del Sud, le lotte contadine, i fatti di ‘Melissa’.

GIOVINETTE

Decimo anno dell’era fascista. Sulla panchina di un parco di Milano un gruppo di ragazze lancia un’idea, per gioco, quasi per sfida: giocare a calcio.Fondarono il GFC (Gruppo Femminile Calcistico), la prima squadra di calcio femminile italiana che in breve raccolse intorno a sé decine di atlete.Gli organi federali in principio assecondarono l’iniziativa, consentendo loro di allenarsi, ma non di giocare in pubblico. Inoltre dovevano usare un pallone di gomma e non di cuoio, indossare la gonna non i pantaloncini, passare la palla solo rasoterra e in porta dovevano far giocare dei ragazzini adolescenti. Tutto questo per preservare le loro “capacità riproduttive”. Nonostante ciò la loro avventura sportiva riuscì caparbiamente a resistere per quasi un anno, quando, proprio alla vigilia della loro prima partita ufficiale, il regime le costrinse a smettere di giocare. La loro fu una sfida al loro tempo, al regime, alla mentalità dominante che vedeva nel calcio lo sport emblema della virilità fascista. Di questo pugno di ragazze, che a loro modo sfidarono il Duce e la cultura del loro tempo, alcune si riciclarono in altri sport, altre uscirono dalla storia, altre ancora entrarono in una storia più grande, partecipando dieci anni dopo alla lotta partigiana. La loro epopea è raccontata con ironia e leggerezza da un trio di attrici che, mischiando comicità e narrazione, ci mostra come, pur a distanza di tanti anni e di tante battaglie, certi pregiudizi siano duri a morire e come la lotta per la libertà e i propri diritti passi anche attraverso lo sport.

LO SPECCHIO DELLA REGINA

La celebre fiaba di Biancaneve questa volta vede come protagonisti due improbabili personaggi: una Regina affaticata dal dover essere sempre “la più bella del Reame” e il suo Specchio che, stanco di dover ripetere sempre “quello che fanno gli altri” cercherà una via di fuga. La Regina, orfana della sua immagine riflessa, dovrà dunque trovare un modo per riconquistare la fiducia dello Specchio. Un appassionante racconto che smonta e rimonta una delle fiabe più celebri di tutti i tempi, donandoci una prospettiva del tutto nuova sulla bellezza della diversità. Le coreografie di Eleonora Chiocchini reinterpretano il testo teatrale di Antonio Viganò “Bianca & Neve”, già andato in scena e tradotto in varie lingue: lo Specchio e la Regina si animano in una danza di relazione, sfumature giocose, a volte litigiose, a tratti misteriose, colorano il loro dialogo che si farà corpo. Sempre complici come può esserlo soltanto uno specchio e l’immagine che esso riflette.

CRONACHECIRCENSI

In Cronache Circensi il linguaggio circense si confronta con quello del teatro, della magia e della musica dal vivo. Lo spettacolo racconta le prime antichissime vicissitudini del circo, il suo carattere multiculturale, l’avvento di Philip Astley– il cavallerizzo che ha inventato la prima pista da circo del mondo– e l’esistenza di un circo fatto solo di animali umani. E poi ancora l’importanza del viaggio, il rapporto del circo con la morte, la forza di attrazione terrestre e la forza di attrazione celeste. Concetti espressi attraverso parole semplici accompagnati da complesse performances circensi di acrobatica aerea, equilibrismo e giocoleria. Giacomo Costantini, considerato uno dei pionieri del circo contemporaneo in Italia, narra l’avvento di questo nuovo linguaggio attraverso virtuosismi circensi, magie, musiche dal vivo ed atti poetici tratti dai suoi spettacoli. Ad accompagnarlo in pista ci sono Giulia Arcangeli e Luis Paredes- gli spericolati acrobati del Duo Kaos- e l’acrobata aerea Alice Mangili.