RITA

Uno spettacolo che affonda le sue radici nella terra pietrosa della Murgia barese, tra ulivi secolari, vigne, piante di fichi d’india e una striscia di mare che si scorge in lontananza tra gli alberi, come in un gioco di specchi tra passato e presente, tra racconto e vissuto, tra parola e azione. Lo spettacolo racconta la storia di una ragazzina come tante che subisce la violenza del padre; di una giovane donna diversa dalle altre che decide di affrontare il suo destino e cambiarlo, abbandonando quella casa teatro di violenza e segreti; di un’anziana che decide di medicare quella ferita antica e pulsante,raccontandola.
LA DEA DEL CERCHIO

La dea del cerchio è una storia di bambini, di giochi nei cortili. Una storia personale che si incrocia con il mondo mitico dell’antica Grecia. Così Marianna riapre la sua scatola dei giochi e torna a quell’estate del 1988. Ogni giorno giocava in cortile con le sue amiche e i suoi amici, sotto la statua della dea Atena, la dea della saggezza, della sapienza, delle arti femminili. La presenza della statua aiutava tutti a rimanere ligi alle regole del gioco, onesticongliavversari.Delgiocodicuieranopiùbrave,lebambinediventavanodee.Mariannaerastataladea del cerchio per tre anni di seguito, fino a quando non è arrivata lei, Elisa.Unastoriasull’invidia,unastoriaincuièfacilericonoscersiperchéprovareinvidianonèsbagliato,èsolo umano.
LA FABBRICA DEL TEMPO

Che cosa pensano i bambini guardando andare e tornare gli adulti dal lavoro ogni giorno? Forse si chiedono che cosa facciano lì, perché ci vanno sempre di corsa, ma soprattutto: perché continuano ad andarci se spesso sembrano tristi? Essere grandi non significa essere liberi di scegliere? Ma nella vita, si ha tempo per scegliere?L’incontro fra le due compagnie, Principio Attivo e La luna nel letto, entrambe attente all’utilizzo del linguaggio del corpo in scena, conduce lo spettatore in un immaginario libero da risposte certe a domande difficili, in cui due clown configgono tra loro come nella vita configgono la dimensione umana e quella materiale, il desiderio e il dovere, il tempo interno e quello esterno che procede inesorabile.
SOQQUADRO

Alba e Aldo, i protagonisti di questo lavoro, sono due anime semplici, due persone ordinate, la cui vita viene sconvolta, capovolta, da un episodio apparentemente senza importanza: un imprevisto inciampo dentro una pozzanghera in un giorno di pioggia.L’acqua è la porta di accesso al mondo di sottosopra, il canale magico attraverso cui Alba e Aldo sprofondano in un luogo onirico, fatto di luci, colori ed emozioni un tempo frequentate.E così, con la levità del gioco, la vita apparirà di nuovo sorprendente, libera dai binari certi e rugginosi in cui si era inconsapevolmente incanalata e darà occasione a tutti noi di ricordare la gioia incontenibile delle meravigliose scoperte dell’infanzia.
MATILDE, LA BALENA ECOLOGICA

Il signor Scazzamureddhu si è preso un giorno di vacanza ed è andato alla sua casa al mare a fare un picnic. Dopo aver mangiato inizia a gettare in mare di tutto: lattine, bottiglie, scatolette, scarpe e infine decide di ripulire la casa e butta in mare anche il vecchio sofà di nonna Peppa e il baule. Nei fondali marini, dove c’è pace e armonia i pesci vedono con sgomento arrivare tanta spazzatura. La balena Matilde osserva triste la scena e decide di agire. Allora mangia tutte le immondizie che arrivano in mare e alla fine stufa di mangiare e di vedere il mare sporco… dà una bella lezione allo sporcaccione. Intanto Marino lo spazzino, che pulisce sabbia e coste, insegna ai bambini a riciclare la spazzatura. Da piatti bottiglie e buste come per magia costruisce un burattino e tante altre belle cose per giocare. Uno spettacolo divertente, ricco di linguaggi diversi : ombre, pupazzi, racconto d’attore e oggetti di scena realizzati con materiale da riciclo, che tra le risate farà riflettere sul tema dell’inquinamento ma anche sul potere della creatività che può operare una trasformazione delle cose brutte e inutili in cose belle e divertenti.
IL GRANDE LEBUSKI SHOW

Il Grande Lebuski, personaggio eccentrico e stravagante, con le sue abilità clownesche, mescolate a tecniche circensi (giocoleria, equilibrismo, acrobatica) e al cabaret, cattura costantemente il pubblico facendolo entrare nel suo mondo bizzarro. Un cerchio di gente in cui la risata diventa presto contagiosa grazie ad un susseguirsi di gags e difficoltà. La ricerca dell’equilibrio è la costante di tutto lo spettacolo, dalle verticali sopra alti bauli, al monociclo, alla giraffa alta 2 metri; ma la vera protagonista dello spettacolo è Graziellina, una minibici alta 30 cm, con la quale affronterà le salite più impervie. Equilibri su alti equilibri lasciano il pubblico affascinato nel vedere Il Grande Lebuski giocolare con clave e torce sulla giraffa tenendo un oggetto in equilibrio sul naso. Un’elevata e coinvolgente comicità che, parodiando l’uomo ed i suoi comportamenti, ci mostra la verità e l’aspetto clownesco che c’è in ognuno di noi.
FRATERNITÀ

Delle tre parole simbolo della rivoluzione francese, –libertà, uguaglianza e fraternità– la terza è stata senza dubbio la meno fortunata. Eppure, proprio la fraternità è quella che può dare sostanza etica alle altre due. La libertà può essere instaurata. L’uguaglianza imposta. La fraternità, invece, non si stabilisce con una legge, né può essere decretata dallo Stato. Essa nasce da un’esperienza personale di solidarietà e di responsabilità. Da sola, la libertà uccide l’uguaglianza e l’uguaglianza imposta come unico principio distrugge la libertà. Solamente la fraternità permette di mantenere la libertà, continuando però la lotta per sopprimere le disuguaglianze. Libertà e uguaglianza riguardano la sfera dei diritti dell’individuo, mentre la fraternità è un valore intrinseco di una convivenza. Insomma, non c’è fraternità del singolo, per vivere la fraternità occorre sempre che ci sia l’altro e che si instauri la relazione, che resta la nostra vocazione primaria.
COME CAMBIERANNO LE NOSTRE CITTÀ. ESERCIZI DI IMMAGINAZIONE

Le nostre città si allagano per le alluvioni sempre più spesso? Oppure conoscono siccità e ondate di calore? Sono piene di turisti oppure vengono abbandonate? Sono frenetiche e piene di traffico oppure spente e senza negozi? È nelle città che si giocherà la nostra vita futura: serve coraggio e immaginazione per immaginare insieme altri modi di abitare, di lavorare, di muoverci, di divertirci. Con uno sguardo a quello che accade nel mondo, in cerca di nuove strade possibili.
IVAN O ALIOSHA? HOBBES O ROUSSEAU? L’UOMO È LUPO AGLI ALTRI UOMINI O È UN BUON SELVAGGIO?

Partendo dalle riflessioni sui suoi rapporti con il bene e con il male, Dostoevskij ci sfida a capire chi è l’essere umano (e magari a fare anche qualche riflessione su Dio). Perché esiste il male, e perché lo facciamo spesso volentieri? Possiamo indirizzarci al bene, e quale strada occorre seguire per farlo? Quanto è difficile scegliere tra il bene ed il male? Preferiamo essere liberi o ci sta bene che qualcuno scelga per noi?
PENALITÀ E GIUSTIZIA RIPARATIVA: MA RIPARARE CHE COSA?

In tempi di populismo penale e di “marcire in galera”, una strada possibile per una giustizia penale più conforme alla nostra Costituzione è sembrata essere la giustizia riparativa. Un “nuovo” paradigma della penalità che mette al centro del rituale giudiziario la vittima e la comunità entro la quale il reato è stato commesso. Si tratta veramente qualcosa di nuovo o riemergono invece pulsioni emotive del passato? Gli illuministi, in primis Cesare Beccaria, avevano provato ad introdurre nella penalità moderna elementi di fredda razionalità con cui legittimare il monopolio della giustizia statuale, controllata dai principi del garantismo penale. Oggi quella freddezza non ci pare sufficiente a placare quella calda “passione del punire” di cui ci ha parlato Didier Fassin. Una di quelle “passioni tristi” ormai dominanti nella società occidentale, transitata dal futuro-promessa al futuro-minaccia, che possono snaturare una giustizia riparativa che non abbia ben chiaro che cosa occorre riparare, nel senso latino del repatriare, tornare in patria, al sicuro.