GILGAMESH

Circa due secoli fa, negli scavi della biblioteca di Assurbanipal a Ninive, gli archeologi portarono alla luce una serie di tavolette. Quando fu decifrata la scrittura cuneiforme, esse rivelarono il titolo di un poema: Di colui che vide le profondità e le fondamenta della terra. Gilgamesh è il più antico poema del mondo. È la storia di un giovane re che, dopo aver sperimentato il dolore per la morte del migliore amico, lascia il trono per andare alla ricerca del segreto della vita eterna. Alla fine del suo peregrinare, dopo aver interrogato l’unico uomo sopravvissuto al Diluvio, torna in patria con la certezza che il destino dell’uomo è di essere mortale. II viaggio di Gilgamesh ai confini del mondo, da un punto di vista eroico, è un completo fallimento, ma la sua sconfitta diventa un nuovo punto di comprensione delle cose della vita.

PRELUDES

Preludes ha una struttura performativa aperta che, come suggerisce il titolo, prelude a una realizzazione imminente. Una forma in divenire, in continua mutazione che mi ha permesso – e permetterà ancora nelle repliche future – di raccogliere ed assemblare lavori sparsi, per l’occasione riadattati, ampliati o creati ex novo, tutti con la particolarità di una proiezione diretta della partitura musicale sulla struttura coreografica. Non solo di natura matematica, anzi principalmente di ispirazione ora sensoriale, ora autobiografica, o di sfida alle categorie di tempo e spazio. O di tutte queste possibilità insieme. Ecco dunque la selezione di alcuni tra i più celebri preludi di Chopin, offrirsi alla solennità del ricordo di un grande Maestro, o riscoprire, nel Fauno di Debussy, l’attrazione tra i due protagonisti attraverso la sostituzione delle simbologie dell’eros, o infine, nella Ciaccona di Bach, che Ferruccio Busoni riscrive e trasforma, configurarsi il terreno impervio per una fuga coreografica, tradita nel suo apparente astrattismo, dal continuo affiorare della narrazione di una fisicità esaltata e straziante.

LE VERDI COLLINE DELL’AFRICA

Un personalissimo tributo di Sabina Guzzanti al testo “Insulti al pubblico” dello scrittore e drammaturgo austriaco Peter Handke. Un testo provocatorio e dissacrante che non racconta deliberatamente nulla, infatti, non c’è una storia, né una scenografia e nemmeno i personaggi. L’unica cosa che rimane è il pubblico e l’energia vitale di una delle autrici più libere e creative nel panorama italiano che prenderà di mira le abitudini e il torpore intellettuale degli spettatori, ponendoli al centro di un gioco divertente e irriverente. Questo voleva Handke, e questo ci regalerà Sabina Guzzanti. Uno spettacolo ma soprattutto un gioco che ruota intorno ad un serissimo confronto sul teatro e la sua essenza.

VERNIA O NON VERNIA

Chiunque conosca Giovanni Vernia associa il suo nome alle irresistibili maschere con cui ha conquistato tv e web. In questo spettacolo l’artista racconta da dove nasce la sua follia comica. È un demone interiore il suo, che comincia ad apparire da bambino, stimolato dalla Genova in cui è cresciuto e degli stravaganti parenti pugliesi e siciliani. È una sorte di spiritello dispettoso, che si manifesta in modo sempre più invadente durante la sua carriera da ingegnere, costringendolo a diventare comico di professione. Questo nuovo spettacolo è un esercizio di leggerezza intelligente, dove la storia personale dell’artista si sovrappone a un divertentissimo ma acuto viaggio attraverso i luoghi comuni di questi strani tempi moderni. Ne emerge uno showman completo, che spazia con disinvoltura dal racconto alla parodia, dal canto al ballo, creando un rapporto col pubblico unico e coinvolgente”.

40 E STO

“40 e sto” è un folle spettacolo che racconta le donne alla soglia dei 40 anni: il giro di boa, la crisi e la rinascita, la libertà e le battaglie contro i luoghi comuni. Districandosi tra bizzarri pretendenti, traslochi, social, supermercati per single, Max Pezzali, paparazzi, viaggi, libri auto fogli di giornale… Andrea Delogu attinge a piene mani dalla sua vita privata, raccontandosi senza filtri in un esilarante flusso di coscienza in cui il pubblico si riconoscerà. In questo sorprendente viaggio, Andrea si metterà a nudo trascinandoci nella sua nuova vita, quella di una quarantenne che, riappropriatasi della propria indipendenza, si metterà in gioco esplorando le mode, i vizi e le ossessioni di questa strana epoca che viviamo. Sorpresa dall’approccio e le aspettative degli uomini, dal giudizio di una società che ti vuole madre a tutti i costi e dal seduttivo desiderio di sentirsi accettata, Andrea capirà che quando compi 40 anni si gioca un’altra partita. Dove è in palio la cosa più importante di tutte: la libertà di essere sé stessi. Trasversale, pungente, stravagante. Andrea Delogu non le manda a dire. E ce n’è per tutti, giovani e meno giovani, uomini e donne, madri e padri, femministe arrabbiate, poliamorosi convinti, animalisti in crisi, hippy mancati e monoteisti part-time.

L’ERBA DEL VICINO È SEMPRE PIÙ VERDE

Marcello Trevisan, irreprensibile e scrupoloso cassiere di banca, da tempo in aperta crisi matrimoniale, vive un momento di profonda depressione, insoddisfatto del proprio tenore di vita, delle proprie ambizioni e di sua sorella, rea di aver contribuito al peggioramento delle sue insicurezze.  In continua ricerca di nuove esperienze di vita, Marcello guarda il mondo e le persone che lo circondano come un fanciullo smanioso di cimentarsi con le attrazioni di un immenso parco giochi; si ritroverà presto soggiogato dalla sindrome dell’”Erba del vicino”, ovvero dalla sopravvalutazione di ogni essere umano diverso da se stesso, e così quel senso di attrazione si trasforma in invidia malsana, e di lì a poco in un’irrefrenabile follia omicida. 

IL PIÙ FURBO

Nel folto del bosco un grande e cattivo Lupo incontra la piccola Cappuccetto Rosso e subito elabora (dopotutto lui è il più furbo) un diabolico piano per mangiarsela e, senza esitazioni, corre alla casa della nonna… Sembra l’inizio della favola che tutti conosciamo, almeno finché il Lupo (che si crede davvero il più furbo) non infila la camicia da notte della nonna, con tanto di cuffietta d’ordinanza, ed esce da casa… rimanendo chiuso fuori! Il più furbo è un concentrato di leggerezza e d’ironia che fa ridere e pensare. Il lupo di questa storia suscita simpatia perché, a fronte della sua declamata presunzione “io sono il più forte, il più bello e il più furbo”, si dimostra sgraziato e goffo. Ridere di lui, in cui tutti ci possiamo riconoscere, è ridere di noi, e questo ci fa sentire più umani.Grazie al repertorio di tecniche d’ombra proprie di Teatro Gioco Vita e alla danza ci conduce dentro un mondo dove la dimensione favolistica e quella realistica s’incontrano, producendo un effetto comico proprio della storia raccontata.

IL RESPIRO DEL VENTO

La siccità affligge il popolo degli uomini blu. Il loro lago è secco.L’anziano del consiglio affida ad Alizar un compito: cercare la pioggia e riportare il lago sulla terra.Alizar prima di partire va dalla sua amata Mounia. Promette che l’amerà anche quando sarà lontano, e lei che lo cercherà, anche se dovesse rimanere di lui solo “un respiro”.Alizar arriva in una foresta dove incontra due corvi, per proseguire oltre deve rispondere ad una domanda o pagare: Da dove viene il vento? Non sa rispondere, non ha soldi, e così i corvi chiedono le sue gambe, le braccia, il petto, gli occhi, la bocca, la testa, ma il suo “ultimo respiro”, Alizar lo manda a Mounia sulle ali dell’uccellino azzurro.Nel villaggio degli uomini blu passano gli anni e Mounia aspetta il suo amato, finché una mattina quel piccolo uccellino entrando nella sua stanza con un soffio di vento la sveglia e lei decide di partire a cercare Alizar. Anche Mounia arriva alla foresta e i corvi la accolgono gracchiando la loro domanda. Mounia risponde, senza tentennamenti: – il vento è il respiro di Alizar- I corvi scompaiono ma prima di scomparire lei vede nei loro occhi quello che era accaduto. Restituisce il respiro e Alizar e lui svegliandosi trova davanti a sé una donna anziana, di cui riconosce il sorriso, mentre la bacia e Mounia torna giovane come il giorno che si erano lasciati. Il rito è compiuto: nel villaggio torna la pioggia.

BARBABLÙ E ROSSANA

Barbablù e Rossana ”affonda le radici nella fiaba popolare “Barbablù” di Charles Perrault.Un’attrice-narratrice, mantenendo il sapore originale della fiaba, dà corpo e voce ai due protagonisti: Barbablù e Rossana, appunto, utilizzando alcuni oggetti simbolo.Le rose rosse segnano l’inizio di un amore. La chiave apre la stanza proibita. Le lanterne dorate segnano la strada da non percorrere.E la barba di corde blu ammalia, abbraccia, protegge ma, via via, stringe fino a fare male.Immagini poetiche ed evocative, momenti esilaranti, atmosfere ricche di tensione emotiva, musiche avvolgenti per raccontare una fiaba antica che forse così antica non è.Una storia d’amore? … Forse. O forse una storia come tante. Come tante storie di ogni giorno.“Barbablù e Rossana” insegna ad ascoltarsi e a non lasciarsi manipolare, ribellandosi di fronte a relazioni che soffocano, inibiscono e annullano.Pensiamo sia fondamentale che le donne e gli uomini di domani imparino fin da piccoli “che cos’è l’amor”, inteso come espressione di rispetto, di sincera, reciproca e libera condivisione dei propri sentimenti.

LE CANZONI DI RODARI

Un’aula di scuola, un banco, le sedie, l’attaccapanni, una cartina geografica, una lavagna, i pennarelli, i fogli, ogni cosa racconta – e può raccontare – segreti. Un maestro che suona, canta, insegna, con parole, ukulele, maracas, sonagli, armoniche, flauti e trombette, che le cose di ogni giorno sono spunti preziosi di riflessione e gioco, di didattica e fantasia, di amore per sé e per gli altri.Uno spettacolo-concerto sulle canzoni di Rodari, cantate dall’indimenticabile Sergio Endrigo nel disco Ci vuole un fiore. Un signore di Scandicci, Napoleone, Zucca Pelata e tutti gli altri brani, sono canzoni senza tempo, in cui il gusto per la rima, l’iperbole, le associazioni fantasiose, le musica e il canto, si sposano perfettamente col teatro.Uno spettacolo-lezione di musica e parole, in stile one-man-band, per assaporare canzoni ancora piene di forza letteraria e musicale.Un omaggio al mondo della scuola, agli insegnanti, ai genitori e a tutti quelli che credono che le cose di ogni giorno raccontano segreti a chi le sa guardare ed ascoltare.