CANTO PASOLINI

Lo spettacolo è tratto dall’omonimo disco che contiene 11 poesie di Pier Paolo Pasolini musicate da Pino Ingrosso e una canzone edita scritta da Pasolini e da Domenico Modugno.  Negli scritti di Pasolini c’è tutto il suo mondo: quello pubblico e quello privato e, nel leggerlo Ingrosso ha imparato a conoscere e ad entrare in consonanza con Pasolini Poeta. Spiega Pino Ingrosso: «Questo progetto è nato come approccio carnale basato sulle “affinità elettive”. È una elaborazione dei sentimenti, della sensibilità, del mio amore per quello che era il meraviglioso universo emozionale di questo grandissimo Poeta e spero, con questo disco, di affascinare allo stesso modo, anche i giovani che lo conoscono meno». Le composizioni di Ingrosso, conferiscono gentilezza e grazia anche alle parole più crude riscattando ogni durezza dei contenuti; anche il tema della morte che nei versi pasoliniani è sempre sferzante, nella musica di Ingrosso diventa Serenata. Un’autentica dichiarazione d’amore dell’artista leccese all’Opera di questo ineguagliabile e profondissimo intellettuale del ‘900.

MEDEA

Il progetto proposto da Dario D’Ambrosi e dal suo Teatro Patologico, in collaborazione con l’Università di Roma “Tor Vergata”, è di portare in scena una particolarissima versione della “Medea” di Euripide, a conclusione di un intenso e riuscito percorso teatrale, quello della scuola di formazione teatrale per ragazzi diversamente abili “La Magia del Teatro”. Lo spettacolo vede in scena ragazzi con disabilità e attori professionisti, tra cui Almerica Schiavo nel ruolo di Medea, Dario D’Ambrosi nel ruolo di Creonte e Paolo Vaselli. L’adattamento possiede come elemento centrale il rapporto tra corpo e linguaggio: un corpo che si fa lingua e comunicazione, grazie all’importantissimo ruolo che ricoprirà la musica dal vivo di Francesco Santalucia e Francesco Crudele in arte Papaceccio. Il linguaggio assume sostanza soprattutto attraverso l’uso del greco antico. Lo spettacolo prevede infatti sia l’uso dell’italiano che del greco antico (risultato di un attento lavoro di studio e consulenze filologiche). Ciò che ha delineato i diversi momenti e quindi il diverso uso delle due lingue è proprio l’emozionalità, i diversi stati emotivi che caratterizzano questa violenta quanto commovente storia. La musica dal vivo accompagna i momenti in greco antico, non come semplice tappeto musicale ma come vero e proprio intervento corporeo ad arricchire, completare le suggestioni che saranno evocate da una lingua così antica e musicale; la lingua italiana sarà lasciata al silenzio, all’assenza di musica, a quella carica di suggestioni ed emozioni che saranno presenti nei monologhi di Medea quanto nei rapidi e intensi scambi di battute. La scelta del testo ed il successivo lavoro di sperimentazione dimostrano che il lavoro di D’Ambrosi con i ragazzi con disabilità, non sono solo una forma di terapia, ma anche la fantastica possibilità di espressione artistica ed emotiva, un luogo di aggregazione e di formazione entusiasmante in cui giocare e divertirsi sul serio, in cui i ragazzi disabili hanno potuto sentirsi ed essere finalmente protagonisti.

SPEDIZIONI DON CHISCIOTTE

“Quando le giornate lavorative diventano pesanti, il luogo di lavoro può diventare lo stimolo per viaggiare con la fantasia e trasformare dei semplici pacchi di cartone in luoghi immaginifici. Due colleghi, che lavorano nello stesso magazzino, durante una monotona giornata lavorativa si trasformano in un visionario Don Chisciotte ed un realista Sancio Panza. Il Don Chisciotte rappresenta nell’immaginario collettivo il sognatore per eccellenza. Un uomo alle prese con un mondo che non capisce e che non lo capisce. Uno spettacolo divertente che accompagna lo spettatore ad una seria morale, il sacrificio del lavoro.”

MOLIÈRE REMIX

Il Malato immaginario” è un passaggio di consegne. Proprio dall’ultima opera di Molière attingerà infatti l’italiano Carlo Goldoni per la sua riforma del teatro. È non è una “solita commedia”, ma un copione con personaggi dotati di caratteristiche individuali, sia fisiche che psicologiche, capace di rivelarsi attuale nella forma e nelle tematiche. Come poter far rivivere un super classico nella versione moderna? Scavare dentro ciò che nel teatro del grande autore francese troppo spesso è rimasto in superficie.

IO, PINOCCHIO

Pinocchio non si ferma mai, vive cento avventure e combina mille guai, irrequieto, inafferrabile, curioso e vivace, bugiardo e sincero, ingenuo e testardo. L’indole di Pinocchio si nasconde dentro ognuno di noi, la sua storia racconta quella di un burattino, o meglio, una marionetta, che muove i suoi primi passi impacciati, buffi e scomposti in un mondo nuovo e sconosciuto, simile a noi quando siamo alle prime esperienze. È una storia, però, che racconta anche di un mondo di adulti, che si confrontano con i piccoli, scegliendo di prendersene cura e aiutarli a crescere o di ingannarli e approfittare della loro ingenuità: specchio di un mondo che oggi, come ieri, continua ad avere un atteggiamento ambiguo nei confronti dell’infanzia. Proprio per la sua capacità di raccontare la storia di noi tutti, grandi e piccoli, abbiamo deciso di tuffarci in questo classico, a modo nostro, con le nostre tecniche, la nostra sensibilità, le nostre voci e la nostra musica, per confrontarci con il pubblico e scoprire, quanto in noi c’è di Pinocchio … o di Mangiafuoco. Nella nostra vita di tutti i giorni siamo più Volpe o più Gatto, più Fata Turchina o più Mastro Geppetto? Uno spettacolo divertente e dinamico, con una scenografia in continuo mutamento, sulle tracce di quel burattino che ha tanta furia di diventar bambino.

LA BOTTEGA DEI COLORI

Unico bagaglio il cuore. Dove andiamo non ha importanza. Ritorneremo qui, al punto di partenza, con occhi nuovi.Usciamo dalla porta della realtà e, una volta partiti, il viaggio non finirà mai ma si ripeterà infinite volte.Un viaggio che non ci separerà mai, una musica, un colore, una parola, un sorriso, un profumo.Spettacolo Poetico, divertente, coinvolgente, creato da ragazzi normodotati e diversamente abili un tutt’uno con gli spettatori e gli attori.

E LA FELICITÀ, PROF?

«A volte c’è il rischio di perdersi, in questo mestiere, affrontando tanti temi che possono rimanere astratti rispetto alla vita degli alunni. Ti dici che è importante toccarli comunque: non li stai preparando a un esame di maturità, ma alla maturità, alla vita. Il tempo che ci è dato, però, non basta mai. E così le cose accadono».Bari. L’anno scolastico sta per iniziare e un professore di lettere si prepara ad affrontare l’ennesimo primo giorno di scuola di un anno che si rivela diverso dagli altri. Cosa si è disposti a fare per essere felici, per essere se stessi? Ripercorrendo primo e secondo quadrimestre, compaiono in carrellata tutte le storie dei ragazzi di una classe simbolica, adolescenti cresciuti troppo in fretta, buffi, ironici, che mostrano un senso di realtà sorprendente quando sono messi di fronte a problemi più grandi di loro.La scuola può insegnare ad essere felici? Cosa può fare un solo professore di fronte ad una valanga di problemi? Si può scoprire qualcosa di se stessi insegnando?Trovare la risposta a questi interrogativi è una sfida all’apparenza impossibile, affrontata dal prof. con l’incoscienza di chi crede saldamente nelle relazioni umane. Il rapporto con gli adolescenti diviene un continuo interrogarsi su se stessi e sul ruolo di adulti e, soprattutto, sulla nuda vita degli studenti, piccoli uomini e donne agitati da un intreccio di desideri, passioni, ansie, aspettative sempre sottoposte al vaglio di un mondo che ha poca indulgenza, che non aspetta, che impone, classifica e sanziona.Viviamo in un mondo che ci obbliga ad essere felici, evitiamo il dolore e la sofferenza come se fossero veleno, ma poi finiamo soltanto per indossare sorrisi e a tuffarci negli happy hour che si dissolvono miseramente nel giro di poche ore.Ogni processo di maturazione dell’identità, porta con sé una dose di tormento, bisogna scavare con le unghie per ritrovarsi addosso una pelle splendente.La metafora della scuola è fondante, perché è nel passaggio dall’adolescenza all’età adulta che si forma l’identità e la tensione alla felicità, e la scuola è l’adolescenza, quel principio di realtà che riporta a terra ogni volontà di evasione: la scuola odiata delle coniugazioni e delle interrogazioni, ma anche la scuola amata, che apre squarci inattesi di bellezza e relazioni autentiche.Nel processo verso la maturazione, bisogna fare ogni passaggio, senza saltarne alcuno, altrimenti si lasciano dei pezzi per strada e, leggendo tra le righe di Dante, appare tutto più chiaro.Prendendo alla lettera Italo Calvino, “anche a vivere si impara”.

VIRGINIA ALLO SPECCHIO

“Orlando non doveva essere neppure un romanzo, a dire il vero. Una favola forse o, come qualcuno scrisse, la più lunga lettera d’amore mai scritta giacché Virginia Woolf aveva dedicato l’opera alla sua allora amante, la poetessa Vita Sackville West.” (…) Orlando è una delle opere più d’avanguardia sulla fluidità di genere, scritta da Virginia Woolf nel 1928. Racconta la storia di un uomo che un giorno si risveglia donna, pur mantenendo invariato il suo nome. Un’opera visionaria in cui Virginia Woolf si interroga sul maschile e sul femminile e sulla condizione della donna nella società.Infatti mentre Orlando uomo è libero dai condizionamenti sociali, Orlando donna è costretta in una gabbia, a causa di tutte le convenzioni sociali e le limitazioni a causa del suo genere. Attraverso i personaggi, Virginia ripercorre la sua vita, come l’impossibilità che anche lei stessa soffrì per non aver avuto accesso all’istruzione.

KEMET / WABI SABI

KEMET Durante la notte il tempo si dilata e si distende come una nebbia dove tutto è permesso.Sembra quasi fermarsi: racchiude l’attimo invece di avanzare. Una certa fluidità caratterizza un viaggio notturno e subconscio.Un viaggio consapevole di scoperta, di celate identità parlate dal corpo. Ogni barriera cade, mentre cala la notte.“Kemet”, in egiziano antico “Terra Nera” è un progetto che promuove la danza inclusiva che esplora la dimensione della notte, commissionato dalla compagnia nazionale olandese Introdans per il progetto HubClub’23, in cui dieci coreografi internazionali sono stati invitati a partecipare con brevi nuove creazioni, coinvolgendo danzatori professionisti e amatori provenienti da differenti mondi diversi. Il debutto è previso ad Arnhem, il 25 maggio 2023. Una prima versione del duetto Kemet verrà presentato in anteprima come restituzione di residenza al TEX – Il Teatro dell’ExFadda, in collaborazione con il Teatro Pubblico Pugliese, il 19 maggio 2023 WABI-SABI “La salita e la discesa sono la stessa cosa. Egli doveva scendere nel profondo di se stesso e rimanervi: in quell’oscurità interiore senza rifugio, senza speranza. Solo cosi si avrebbe raggiunto la salvezza. […] Nessuno vuole soffrire, eppure i più fortunati tra noi imparano dal nostro dolore. Diventiamo chiaramente, gioiosamente, consapevoli della causa di tutte le sofferenze: invece del sonno ricordiamo il dolore – una grazia violenta plasma le nostre mani. L’umiltà segue come un risultato naturale. Impariamo a perdere il controllo: scopriamo anzi di non averlo mai avuto. Ci arrendiamo a ciò che è. […] Come un albero che perde le foglie: se ne sta nel freddo inverno, completamente esposto, totalmente arreso.”Stephen Mitchell, Giuseppe e la via del perdono. “Wabi-Sabi”, dal giapponese, offre una visione del mondo incentrata sull’accettazione della transitorietà delle cose e sulla ricerca della bellezza nell’ imperfetto, effimero e incompleto delle nostre vite. Wabi-Sabi esplora il nostro viaggio di vita come individui, perlopiù in costante insoddisfazione e in diversi stadi di tormento, e propone una riflessione sulla nostra esistenza. L’accettazione dell’essenza della nostra natura e della bellezza che si può trovare nell’imperfezione, porta crescita, rinnovamento e gioia.

LA STANZA DI AGNESE

Sono passati trent’anni dalla strage di Via D’Amelio. Una ferita ancora aperta nel cuore dell’Italia. Tante le indagini, i processi i depistaggi e le sentenze per una verità, forse, troppo dura da accettare. La nuova produzione Meridiani Perduti Teatro, nata dalla sinergia con la Scuola Antonino Caponnetto e vincitrice del progetto TRAC – Sezione Nuova Drammaturgia è dedicata al giudice Paolo Borsellino, nel trentennale della sua tragica scomparsa. 2010. Agnese Piraino Leto in Borsellino, segnata da una terribile malattia, riceve una telefonata da parte dell’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga: “Via D’Amelio è stata da colpo di stato”. Poche parole che inevitabilmente fanno riemergere i ricordi di una vita, sin da quando, figlia del presidente del Tribunale di Palermo e immersa negli usi e costumi dell’alta borghesia palermitana, incontra per la prima volta Paolo, giovane pretore a Mazara del Vallo. Da questo momento parte la narrazione della sua crescita accanto al marito e della scoperta di una Palermo diversa, meno luccicante di quella a cui era abituata, ma forse più bella, anche se disgraziata, passando attraverso i primi anni di matrimonio e la nascita dei figli. Fino a narrare i momenti più bui, compresa la morte di amici e colleghi di Paolo; i rapporti con la scorta che diventa parte della famiglia; la difficoltà di accettare la situazione da parte dei figli. Ma anche l’altro lato di Paolo, quello giocoso e sempre pronto allo scherzo, al “babbìo”. Il lavoro nel pool antimafia accanto a Giovanni Falcone fino alla terribile morte di quest’ultimo. Infine il tradimento da parte di chi avrebbe dovuto combattere al suo fianco. Tutto questo è “La Stanza di Agnese”. Più che un monologo, un dialogo incessante tra lei e Paolo, che continua tra le pieghe dei ricordi, con toni di tenerezza quando si tratta dei propri figli e di indignazione nei confronti dei traditori dello Stato.