IL VIAGGIO DI LUNA

Luna, la protagonista dello spettacolo, è una bambina coraggiosa che insieme ai suoi amici, la signora Pina, il signor Leoncino e la sua inseparabile gattina Monia, riuscirà a sventare le losche mire di conquista e distruzione dell’avido e perfido barone Scalaquaranta.Con il loro aiuto e con i consigli di Tramonto, un folletto simpatico e pasticcione, troverà il modo di salvare il suo paese, Castellargentato, noto in tutto il mondo delle fiabe per le sue bellissime montagne di zucchero filato. A Castellargentato lo zucchero filato è una risorsa preziosa, tutti gli abitanti lo adoperano in vari modi: come colla, come trucco, come colore….. Ecco perché è necessario impedire a Scalaquaranta di spianare le montagne per vendere tutto lo zucchero filato e arricchirsi.Lo spettacolo fa sognare, viaggiare e perché no, desiderare quanto c’è di più buono nella màdie delle cuoche Pina e Gina che raccontano con simpatia e tenerezza la storia di Luna.I personaggi sono pupazzi da tavolo con articolazioni simili a quelle umane animati a vista da due animatori. Le scene, le luci, i movimenti dati ai personaggi, sostenuti dalla musica originale del maestro Andrea Gargiulo, contribuiscono a rendere l’atmosfera fortemente suggestiva e poetica.Le avventure volanti e mirabolanti dei protagonisti aiutano a riflettere sul corretto uso dei beni che la Natura offre agli uomini; di quanto sia più giusto disporne con parsimonia per goderne tutti insieme.

CANTASTORIE A PEDALI 

Un cantastorie e un musico a cavallo di una stravagante bicicletta “side-car” gironzolano per la città per raccontare storie ai bambini.La bicicletta è realizzata con pezzi recuperati da biciclette d’epoca, al suo pedalare un gigantesco libro sfoglia le sue pagine (ad indicare che con la lettura si Vola con la fantasia); una vecchia sedia trasforma la bici in un divertente side-car, che diventa palco per l’attore o occasione per i bambini di farsi un giro con il cantastorie!Una narrazione interattiva che attraverso l’utilizzo di maschere, strumenti musicali, numeri di magia comica e oggetti di uso quotidiano coinvolgerà i bambini in un viaggio denso di divertimento e incanto!

L’ODISSEALTERNATIVA

Ai due guitti Petruccio e Ferruccio nottetempo hanno rubato tutto: scenografia, costumi, copioni. I ladri hanno lasciato solo una vecchia cassa ed oggetti che gli stessi attori nel loro viaggio hanno raccattato da chissà quali bidoni dell’immondizia. I ladri però hanno lasciato un grande libro che porta come titolo: “L’Odissea”. Si sa, bisogna arrangiarsi come meglio si può, anche perché il pubblico è già arrivato e non ci si può permettere il lusso di mandarlo via. Con ironia, molta astrazione e tantissima creatività i due guitti riusciranno a costruire un’Odissea entusiasmante ed alternativa per l’appunto, fatta di oggetti ri-usati ed elementi di scena che pongono l’energia del vento (eolica), quella del sole (solare) al centro dei bisogni che l’uomo (Ulisse) impegnato nel suo viaggio e nella sua scoperta è intento a soddisfare.«L’odissea, spettacolo brillante e divertente – scrive nelle note di regia Francesco Tammacco -, è già la storia di un’anabasi, è una partenza, un viaggio ed un ritorno. In fondo parlare di ri-ciclo ed energia alternativa significa porre in evidenza il senso delle cose utili che non muoiono mai, il senso dell’amore verso la natura, tema caro ai bimbi che sono tra gli umani i più vicini alle cose belle che la stessa natura esprime».

SCALZATI

Sei storie, Sei donne, Sei stanze. Vengono attraversate da due attrici che dichiaratamente entrano ed escono dai personaggi. Raccontano l’universo femminile con ironia, sarcasmo e tragicomicità. Le scarpe sono, in questo spettacolo, un filo conduttore necessario, vengono calzate per entrare nei panni di quelle donne. Donne dal cuore infranto. Donne in vetrina. Donne nemiche delle donne. Donne furbe come la Ratita Presumida. Donne, che tentano di riappropriarsi della dignità perduta. Donne private di gambe, occhi, orecchie ma che con forza difendono l’unica cosa che resta: LA VOCE.

L’ORIGINE DI TUTTE LE COSE

Valeria vive a Roma con suo padre, confinata in una casa perché malata e molto debole. Un giorno conosce i nuovi vicini, il biondo Anthony, suo papà astronauta della NASA, Neil, e… “DOT”, il computer più potente del mondo: esso è in grado di aprire un portale che porta dritti nello spazio. Involontariamente i due bambini attivano il portale e si ritrovano catapultati fuori dal sistema solare. Grazie all’aiuto di DOT e di alcuni simpatici amici, però, riusciranno a tornare a casa. I due amici compiranno un viaggio stellare attraverso il quale scopriranno le meraviglie dell’Universo, viaggeranno su una cometa, affronteranno tempeste di asteroidi e buchi neri.

PETER E WENDY

Presentazione del libro LOST IN TRANSLATION. Le disabilità in scena: lessico, prospettive e voce di Dalila Flavia D’Amico con la presenza di alcuni membri dell’associazione Al.Di.Qua Artists (Aristide Rontini, Chiara Bersani)  Un giorno mi lascerai volare via, mamma?  E aspetterai il mio ritorno, seduta alla finestra?  Mi aspetterai, vero?  Aspetterai che io ritorni a casa con l’aria tra i capelli?  Resterai sveglia tutta la notte?  E’ vero che non ti dimenticherai mai di me?  Peter Pan è la storia di un’assenza, di un vuoto che spesso rimane incolmabile, di un tempo che sfugge al nostro richiamo e che a volte si ferma, delle esperienze che ci fanno diventare grandi senza volerlo e troppo presto. L’ispirazione viene dalle avventure di Peter e Wendy e dall’atmosfera un po’ misteriosa del primo romanzo di James Matthew Barrie, Peter Pan nei Giardini di Kensington dove il sentimento autobiografico di una mancanza incolmabile spinge l’autore a creare un mondo parallelo, un giardino prima, un’isola poi, dove i bambini caduti dalle carrozzine e dimenticati dai propri genitori si ritrovano in uno spazio senza confini fisici e temporali. E l’isoladelmaipiù, Neverland, è forse dentro la testa di ogni bambino, un posto dove vanno a finire le cose dimenticate dai grandi, per cui non c’è spazio nella vita reale. E’ qui che Wendy riesce a trovare la giusta distanza con il suo essere bambina, qui che sente il desiderio di crescere, di abbandonare l’isola senza recidere quel legame con la propria infanzia che fatica a rimanere con noi tutta la vita: una finestra che chiudiamo diventando grandi e che, invece, dovremmo tenere aperta, in contatto con la nostra realtà e il nostro essere adulti. Con lo stesso ensemble di Diario di un brutto anatroccolo, Factory si cimenta in questa nuova creazione attraversando temi fondamentali per la crescita dove sogno, vita e morte corrono sullo stesso filo e possono essere entrambe una grande avventura, a dirla come Peter. 

HAMLETO

Hamleto è il punto di arrivo della ricerca di Factory su teatro e disabilità, un’indagine sul corpo non conforme attraverso lo sguardo e le parole non conformi che accompagnano la discesa nell’abisso shakespeariano. Un gruppo misto di persone con e senza disabilità si è cimentato con la tragedia per eccellenza, ne ha scandagliato i temi e le possibilità provando, attraverso di essa a rivendicare la propria esistenza, quell’esserci, quel “to be” che ci fa aggrappare alla vita anche quando ne perdiamo il senso.  Anche le parole di questo Hamleto sono scritte da una penna non conforme, sono il parto libero di pensieri in cui persona e personaggio si confondono inventando una grammatica speciale, essenziale ed esistenziale.  Hamleto è un progetto speciale frutto del laboratorio permanente di teatro e disabilità di Factory inaugurato a Lecce nel 2021 e naturale prosieguo del progetto ‘Cross the gap’ col quale era nato Hubu re, sempre aggiungendo una H all’opera ispiratrice, simbolo della ricerca e dell’incontro tra i due mondi creativi.

S/CALVINO

Libertà è una parola che segna con forza la nostra contemporaneità, soprattutto dopo che la pandemia ancora in corso ci ha ricordato drammaticamente il senso delle parole segregazione, isolamento, costrizione, solitudine. Oggi, ognuno di noi vorrebbe essere “libero”. Libero di fare, libero di muoversi, di autodeterminarsi, di abbracciare, di incontrare, di dire la propria sui Social, di esprimere se stesso senza se e senza ma. Questo desiderio profondo e ancestrale di libertà, però, si scontra – e da sempre – con la libertà dell’altro, di chi mi sta accanto, di chi mi abita di fronte, di chi viaggia sul mio stesso treno, di chi ha idee diverse dalle mie, di chi usa modi diversi dai miei per esporre il suo pensiero. E allora è il momento di riparlare di libertà, di riflettere su quel passaggio delicato e fondamentale in cui la “mia” libertà diventa la “nostra” libertà, per provare a rintracciare un nuovo significato condiviso che ci riposizioni, tutti, uno accanto all’altro e non più uno di fronte all’altro o, ancor peggio, uno contro l’altro.

I FIGLI DELLA FRETTOLOSA

I figli della frettolosa è uno spettacolo che affronta il tema della cecità e del significato più ampio che ha oggi la parola “vedere”. In un mondo ipereccitato dal bombardamento di immagini e suoni, che sempre più neutralizzano i nostri sensi forti, vista e udito, l’attenzione dell’individuo è sempre più distante dalla vera conoscenza dell’essere, dell’esistenza. Il punto di vista qui è allora quello di un cieco, di chi guarda ma non vede, percependo la realtà circostante in modo differente. La cecità è messa in scena allo stesso tempo come esperienza di vita reale, fisica, e come concezione metaforica, sinonimo di una miopia sociale ed esistenziale che ci riguarda in prima persona. Anche questa volta la riflessione sul contemporaneo parte dalle esperienze personali di Gianfranco Berardi e Gabriella Casolari, dall’osservazione e dall’ascolto della realtà che li circonda ma, a differenza dei precedenti lavori, i ciechi in scena questa volta saranno molti. Bastoni bianchi e occhiali scuri, andatura traballante e movimenti timorosi, ma anche ostinazione, entusiasmo, desiderio di rivalsa: un coro di ciechi come emblema di umanità, allegoria di una società smarrita e insicura, mai arrendevole.