“FEROCE” DEBUTTO VICO QUARTO MAZZINI SCUOTE LA PLATEA

di Mauro Lorusso

Un feroce debutto a Bisceglie, per la compagnia teatrale Vico Quarto Mazzini che lascia gli spettatori, senza parole dopo la propria esibizione.

Tra i vari spettacoli ed eventi proposti al pubblico biscegliese dal “Politeama Italia” nella rassegna teatrale 2024/2025 organizzata da Puglia Culture, si deduce un accento particolare per il teatro contemporaneo in prosa; in questa rassegna si inserisce lo spettacolo di Michele Altamura e Gabriele Paolocà: “La Ferocia”.

Tratto dall’omonimo romanzo del barese, vincitore premio Strega, Nicola Lagioia, lo spettacolo riesce fin dai primi istanti a presentare un ottimo connubio tra prosa teatrale e testo originale, fondendo l’acciaio inossidabile del romanzo, composto da parole sussurrate dall’autore nella mente dei lettori, con la fisicità e la bellezza rappresentativa dell’azione scenica. Questa fusione crea un gioiello raro e unico che permette alle parole del romanzo di vivere sulla scena, soprattutto attraverso il personaggio dello speaker radiofonico che commenta la rappresentazione descrivendone le vicende. Gli attori sono così accompagnati nelle proprie azioni da una sceneggiatura che riprende a tratti lo stile di narrazione indiretta, tipica dei romanzi.

La ferocia viene, dunque, mostrata attraverso la psicologia dei personaggi, più che attraverso le loro azioni. Nello spettacolo si nota come c’è un continuo entrare e uscire dalla psiche dei personaggi, ricordando un po’ l’Enrico IV di Pirandello che oscilla tra gli approfondimenti psicologici e la trama che diviene quasi pretesto per raccontare, nel caso della Ferocia, i problemi legati al sud Italia.

La trama è tenuta in piedi da un mistero, il presunto suicidio di Clara, la figlia di Vittorio Salvemini, costruttore pugliese che è diventato proprietario di numerosi complessi edilizi. La famiglia Salvemini tentadunque di mantenere il proprio impero economico, ottenuto e gestito illegalmente, e per farlo è disposta persino a nascondere la vera causa della morte della figlia, investita da un tir. Anche se lo spettacolo mostra una pluralità di punti di vista in merito alla vicenda di Clara, escludendo, dunque, l’idea di un protagonista centrale della trama, è indubbio che lo spettatore tenda a immedesimarsi con Michele Salvemini, figlio illegittimo di Vittorio, che una volta tornato a Bari è alla ricerca della verità sulla morte della sorella Clara, con cui, Michele dimostra di avere un forte legame emotivo, poiché lei era l’unica che lo difendeva dalle discriminazioni famigliari che subiva (essendo figlio illegittimo).

La trama sviscera una pluralità di tematiche molto legate al sud Italia ma che si prestano anche a una riflessione universale, soprattutto per via di un parallelismo molto presente, ovvero l’uomo e il suo istinto animale, citando una battuta dello spettacolo “Secondo alcuni la disciplina che meglio spiega il nuovo secolo è l’etologia. Metti una volpe affamata davanti a un branco di conigli e li vedrai correre. Corri in una piazza piena di colombi e li vedrai volare. Trova il colombo che non vola.” I personaggi sono così combattuti e a volte trainati dal loro feroce istinto.

Dopo lo spettacolo, gli attori hanno voluto raccogliere dei pareri proponendo un incontro col pubblico, incontro che per i più, che erano in platea, non è stato molto apprezzato, poiché probabilmente non avevano ben compreso l’essenza dello spettacolo appena vissuto. Il pubblico in sala mi è sembrato impreparato alla visione di uno spettacolo così complesso a livello di tematiche, tematiche inflazionate, che il pubblico non mi sembra abbia colto l’originalità con le quali sono state messe in scena. Tuttavia dall’incontro con gli attori emerge la volontà dei registi, Michele e Gabriele, di non giudicare i personaggi mostrati sulla scena e quindi, riprendendo anche il teatro shakespeariano, non far emergere una morale ma solo mostrare quanto feroce può essere l’uomo, mantenendo, così, la funzione catartica del teatro, riproponendo un teatro che mostra l’uomo in tutte le sue sfaccettature senza mai giudicarlo.

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