DANIELE SILVESTRI – TEATRI/22

Daniele Silvestri torna dal vivo con tanta musica inedita ‘in lavorazione’ in un nuovo tour nei teatri d’Italia. Silvestri, fedele all’originalità che contraddistingue ogni suo progetto, in attesa dell’uscita del prossimo album ha deciso di non lasciare a casa il disco in lavorazione ma di portarlo in scena, costruendolo sul palco insieme al pubblico. “Non solo eseguiremo dei brani inediti ma li scriveremo, riscriveremo, cambieremo e improvviseremo in ogni singola data sotto gli occhi di tutti quelli che verranno a vederci. Spettatori inevitabilmente partecipi – volenti o nolenti – di questa parte sperimentale e creativa dello spettacolo. Il resto…il modo e la forma…i contenuti stessi… li lascio per ora alla vostra immaginazione”.

A CHE SERVONO QUESTI QUATTRINI NUOVO

quattrini nuovo

A che servono questi quattrini è una commedia di Armando Curcio messa in scena per la prima volta nel 1940 dalla compagnia dei De Filippo con grande successo di pubblico. La vicenda ruota intorno al Marchese Parascandolo detto il Professore che per dimostrare le sue teorie socratiche, bizzarre e controcorrente, ordisce un piano comicamente paradossale che svela l’inutilità del possesso del denaro. L’Italia di lì a poco sarebbe entrata nel conflitto della II Guerra Mondiale e il mondo post-capitalistico dell’alta finanza era di là da venire ma l’argomento, così esplicitamente indicato nel titolo, stuzzicò la curiosità del pubblico di allora tanto che, pochi anni dopo, nel 1942, la commedia venne trasposta sugli schermi cinematografici per la regia di Esodo Pratelli con Eduardo e Peppino De Filippo. Il protagonista immaginato da Amando Curcio, a metà strada tra un filosofo stoico e un astuto truffatore, non voleva, né poteva, mirare al bersaglio della Grande Economia ma certo l’ordito della sua trama e delle sue paradossali speculazioni sollecitano anche in noi uno sguardo disincantato (e saggio) sugli inganni della categoria dell’ECONOMICO, che tutto, oggi, pervade. I temi dell’inutilità del denaro e della dannosità del lavoro, benché calati nella realtà di due famiglie napoletane degli anni ’40, una poverissima l’altra in apparenza arricchita, riescono, sul filo del paradosso, a incuriosirci ad aprirci nella fantasia strade alternative e a divertirci.

… DI SANA E ROBUSTA COSTITUZIONE!

I principi della Carta Costituzionale diventano le tappe di un racconto che ne rivela la storia e il significato, attraverso  un originale abbinamento con opere d’arte (tra le altre di Giotto, Piero della Francesca, Botticelli, Raffaello, Leonardo Da Vinci, Tiziano, Caravaggio, Goya, Delacroix, Modigliani, Picasso, Guttuso, Dali’), di letteratura (Trilussa, Berthold Brecht) e canzoni (De Gregori, De Andrè, Bennato, Jannacci, Gaber, Battiato, Renato Zero), che, “senza saperlo”, provenendo da tempi e ispirazioni differenti, li hanno descritti. Ad esserne, invece, consapevole è il piccolo Francesco, un bambino dagli occhi grandi e curiosi, che apprende e prende dal passato per dispiegare l’attualità, in un vivace dialogo con il papà magistrato, che fa da trait d’union tra l’Arte e il Diritto, tra due diverse generazioni e tra varie epoche culturali.

MEMORIE D’ARNEO

Era una terra di sogni e speranze, l’Arneo. Lo era per chi, con le mani indurite da un lavoro nei campi che non lo riscattava dalla miseria, vedeva, in quei terreni che si estendevano a perdita d’occhio, la promessa di una rinascita. Era il sogno di quegli anni, dopo la guerra, dopo gli orrori, perché era bello credere che di terra si potesse campare. Ed era un sogno condiviso in tutto il paese, da tutti quei contadini che vedevano immensi feudi abbandonati. Ed era il sogno di quei contadini che sapevano come prendersene cura, con quanto sudore renderla feconda, come gioire dei suoi frutti. Ché la bellezza è un premio per chi la sa coltivare, non un diritto per chi la può comprare. Le occupazioni nell’Arneo sono la conclusione di una straordinaria stagione di lotte per il lavoro e per la dignità dell’uomo. Raccontare di quei fatti, di quelle speranze, di quelle conquiste, vuol dire raccontare un sud del mondo che chiede, ora e sempre, che venga ascoltato il suo pensare, il suo conoscere, perché sono tante le strade che si possono percorrere e tanti i nomi di Dio.

LA DIVINA SARAH

Nel diciannovesimo secolo, una famigerata attrice francese, divenne nota come “The Divine Sarah”: Sarah Bernhardt, The First Artist Superstar. Ma era più di una semplice “superstar” era un essere incredibile, un’anima meravigliosa. Sarah Bernhardt nacque in Francia nel 1844, figlia illegittima di una cortigiana, , era destinata a condurre una vita normale. Il suo progetto originale di essere una suora, non era il percorso che sua madre, importante cortigiana parigina, immaginava per lei, ma Sarah, con il sostegno dei suoi mecenati, divenne un’attrice. “Divina” agli occhi di Oscar Wilde, “Voce d’oro” per Victor Hugo, “mostro sacro” del teatro francese per usare l’espressione scelta da Sacha Guitry, la grande tragica Sarah Bernhardt ispira “Memoir” al drammaturgo John Murrell, da cui è tratto il testo di Eric Emmanuel Schmitt.

LA BATTAGLIA DI CERIGNOLA

Nel 1503 sorse una disputa tra francesi  e spagnoli poichè i primi rivendicavano il controllo della Capitanata dove transumavano le greggi provenienti dall’Abruzzo, mentre gli spagnoli ritenevano che la Capitanata facesse parte della Puglia da loro governata. Si cercò di trovare un accordo su tale questione, ma l’impossibilità di riuscirci portò alla Battaglia del 28 aprile 1503. Nella vicina Cerignola del XVI secolo la vita del popolo era basata fondamentalmente sul lavoro nei campi. Vita molto umile e fatta di miseria. In tutto questo però quattro ragazzi vivevano la loro gioventù comunque in maniera spensierata e passionale, ignari di quello che da lì a poco sarebbe successo. Zelindo, Cleofelia, Coldimiro e Despina abituati a una vita piena di stenti trovavano conforto nelle belleze della natura che li circondava e nell’amore che provavano l’un per l’altra. In tal senso c’era però un ostacolo da superare, la madre di Cleofelia non condivideva una eventuale relazione di sua figlia con Zelindo, ragazzo all’apparenza molto libertino. Tutto questo si svolgeva sotto gli occhi degli uomini del’esercito francese presenti a Cerignola, i quali non disdegnavano di fare apprezzamenti per le belle popolane del luogo e, in particolar modo, per Cleofelia e Despina. Tale atteggiamento non poteva che scatenare profonda gelosia nell’animo di Coldimiro e Zelindo, nonchè rabbia in tutto il popolo. Anche per questo motivo i cerignolani nel momento della battaglia si schierarono con gli spagnoli considerati come dei liberatori. Il 28 aprile 1503  a Cerignola lo scontro ebbe il suo momento cruciale. A dispetto della lieve sproporzione delle forze in campo in favore dei francesi, il condottiero spagnolo Consalvo da Cordova poté contare su diversi vantaggi che seppe sfruttare pienamente a suo favore. Egli aveva schierato in maniera opportuna i suoi pezzi d’artiglieria che si riveleranno fondamentali, oltre a poter contare sulle nuove unità di fanteria chiamate Coronelías, armate di picche, archibugi e spade, un armamento misto che si diversificava molto da quello classico adottato fino ad allora dagli spagnoli. In uno degli attacchi il Duca di Nemours, comandante dei francesi, venne ucciso scatenando il panico tra le file dei Galli. Ciò costrinse alla ritirata i francesi proprio nel momento in cui la fanteria spagnola iniziò a caricare a sua volta, determinando la totale disfatta dei francesi. A battaglia finita il popolo di Cerignola esultò al fianco degli spagnoli, i quali grazie a tale vittoria conquistarono definitivamente il controllo sul regno di Napoli.

GRACES

Graces è un progetto di performance ispirato alla scultura e al concetto di bellezza e natura che Antonio Canova realizzò tra il 1812 e il 1817. L’ispirazione è mitologica. Le 3 figlie di Zeus – Aglaia, Eufrosine e Talia – erano creature divine che diffondevano splendore, gioia e prosperità. In scena tre corpi maschili, tre danzatori (Siro Guglielmi, Matteo Marchesi, Andrea Rampazzo) dentro un’opera scultorea che simboleggia la bellezza in un viaggio di abilità e tecnica che li porta in un luogo e in un tempo sospesi tra l’umano e l’astratto. Qui il maschile e il femminile si incontrano, lontano da stereotipi e ruoli, liberi, danzando il ritmo stesso della natura. In scena anche l’autrice Silvia Gribaudi che ama definirsi “autrice del corpo” perché la sua poetica trasforma in modo costruttivo le imperfezioni elevandole a forma d’arte con una comicità diretta, crudele ed empatica in cui non ci sono confini tra danza, teatro e performing arts.

VITE SPEZZATE

Una porta, un custode silenzioso, una sala d’attesa. Un alternarsi di uomini che aspettano di oltrepassare la soglia. Suoni indistinti, bagliori lontani, avvolgono le voci rotte che raccontano le loro storie tutte diverse eppure tutte tragicamente uguali. Brandelli di vita consegnate all’uomo della porta che annota i dettagli in cambio di un sorso di acqua dell’oblio. Quell’oblio necessario per non essere più, per non avere più, per andare al di là della porta. Un affresco di storie dolorose, di vite spezzate, consegnate a tutti noi per non dimenticare.

JAMES IS BACK

Il 4 giugno 2021 è uscito JAMES IS BACK, ventunesimo disco di James Senese. Il sassofonista partenopeo, classe 1945, è da oltre cinquant’anni sulla scena divenendo un’icona artistica che dall’alto dei suoi 77 anni è ancora un punto di riferimento per le nuove generazioni musicali che vogliono urgenza espressiva e zero compromessi. In più di mezzo secolo di carriera Senese ha attraversato generi, epoche, mode, senza lasciarsi mai corrompere in nome del mercato. I suoi numi tutelari sono Miles Davis e John Coltrane. La sua granitica coerenza artistica e intellettuale sonofamose come il suono del suo sax. Passando per i seminali Showmen con Mario Musella, i Napoli Centrale (tuttora la formazione che lo identifica), le collaborazioni con l’indimenticabile l’amico Pino Daniele ma anche il sodalizio artistico e fraterno che lo ha legato a Franco Del Prete, James Senese ha suonato e cantato i vinti, quelli che non hanno mai avuto voce. Lui gliel’ha data, con l’energia e la rabbia del suo sax e della sua voce, che hanno contraddistinto la sua produzione, fatta di coraggio e determinazione: quella di un “Nero a metà.

PEPPE BARRA IN CONCERTO

In  questo spettacolo emerge la straordinaria abilità di Peppe Barra nel creare un personalissimo tempo artistico in cui presente, passato e futuro si annullano per dare vita ad  uno spettacolo unico e appassionante in cui protagonista è come sempre la versatilità interpretativa di Barra che con l’energia travolgente che lo caratterizza, restituisce allo spettatore un repertorio che parte dalla contaminazione di brani della tradizione di autori come  Leonardo Vinci, Ferdinando Russo, E. A. Mario,  a composizioni più recenti di autori  come Pino Daniele, Bob Marley, Enzo Gragnaniello, fino ad arrivare a composizioni contenute  nel suo ultimo lavoro discografico dal titolo “Cipria e caffè” di autori contemporanei quali Gnut e Toto Toralbo.  I testi costruiscono con la musica, architetture sonore con il blues, il jazz, riuscendo a far convivere suoni antichi e moderni, tammurriate ed arie del Settecento. La forza della parola, gli accenti sospesi del suo dialetto diventano la viva e palpitante materia sonora che caratterizzano questo spettacolo con il sostegno di musicisti straordinari che da lungo tempo sono i suoi compagni di viaggio. Personaggio sempre autentico, nella vita e sulla scena, artista puro, trasmette al suo pubblico un magma incandescente di emozioni dalla risata più sonora alla commozione più autentica.